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LA PUBBLICITÀ E I COMPORTAMENTI ALIMENTARI DEI RAGAZZI
ciò incide fortemente sull’ingestione del cibo perché implicitamente, facendolo, non solo tornerà la stima di sé, ma si può diventare anche oggetto di invidia da parte degli altri. Ogni dieci minuti, ogni bambino europeo è indotto a mangiare qualcosa. In Italia ogni cinque minuti. Se è vero, come i dati raccontano, che in occidente si guarda, da ragazzi, la televisione per almeno tre ore al giorno, e se è altresì vero che in quasi tutti i paesi europei esiste un’attenzione specifica a quella che è considerata la fascia debole, tanto da programmare solo telefilm, storie, cartoni animati e quiz adatti ai più piccoli, è un dato oggettivo che non fanno in tempo a finire una merendina o uno snack che già un’altra sollecitazione golosa appare sullo schermo. Per avere un’idea della dimensione di esposizione agli spot alimentari, si può stimare che un bambino che guarda una media di tre ore di televisione al giorno “subisce” circa 32.850 pubblicità di alimenti nell’arco di un anno (affollamento pubblicitario ricavato dall’analisi delle reti esaminate nel campione italiano). La dimensione del fenomeno è tale da influire in maniera significativa sull’educazione alimentare, anche se la pubblicità non ha il fine di insegnare ma di vendere. La ricerca, compiuta su 11 paesi europei4, in due settimane campione di novembre e febbraio scelte per la loro lontananza da eventi conviviali, come il Natale, il Carnevale o la Pasqua, mette in evidenza che il bombardamento di spot nei programmi per bambini è immenso. E quello alimentare assume un ruolo importante in un panorama pieno di giocattoli e di gadgets. Tutto ciò contro ogni principio “di etica pubblica”, perché l’allarme dei pediatri, degli insegnanti, dei ministeri della gioventù è un grido comune contro i disturbi alimentari: obesità da un lato e anoressia dall’altro sembrano i sintomi del nuovo disagio della civiltà. Scuola, famiglia, medicina, istituzioni, sembrano compatte contro un nuovo nemico: la grande abboffata. Eppure la televisione diventa il veicolo continuo, capillare e invadente di un nuovo stile di comportamento. Si mangia per noia, si mangia per riempire un vuoto, si mangia per calmare l’ansia, si mangia perché è buono, per stare con gli altri, si mangia perché è di moda, si mangia perché altrimenti sei fuori dal giro e il gruppo dei pari non ti riconosce senza l’uso di quella bibita o di quella patatina “ultimo modello”. E si mangia soprattutto in quel lungo tempo che si passa davanti alla televisione. Si mangia anche perché i genitori comprano, per placare il senso di colpa della loro assenza, prodotti zuccherati, ipercalorici, grassi, che danno nell’immediato, con il senso di sazietà, la soddisfazione di riempire un vuoto. E’ un gioco delle parti che sta travolgendo secolari abitudini alimentari dei paesi europei. La globalizzazione dei flussi migratori e delle opportunità culturali, di cui tanto si parla a livello economico, andrebbe, forse, soprattutto considerata a partire dall’omologazione del palato che non risponde più alle necessità dell’ambiente: cibi più grassi nei luoghi del freddo, dieta mediterranea all’olio d’oliva nel bacino che lo produce, ecc. Diventa qualche cosa che, mediato da tutti i sapori, li sintetizza elaborandoli in un gusto che non appartiene a nessuno, ma che proprio per questo può andare bene a tutti, alterando l’essenza iniziale e modificandola in modo tale da costituire un sapore che la evoca ma che non le appartiene realmente. Si può chiamare il limoncello “Limoncè”? Il primo nasce e cresce in un terreno aspro vicino al mare assolato, e il suo sapore è l’inconfondibile sintesi di una spremuta di un agrume locale, amalfitano e salernitano, il secondo ricorda quel gusto, ma lo reinventa in modo da poter essere condiviso da tutti coloro che non amano l’aspro o il troppo intenso. La globalizzazione del pianeta, attraverso le ghiandole salivari, meriterebbe un’analisi accurata e metodica. In questo ambito è sufficiente pensare che i gusti fondamentali, il dolce e il salato, vengono esaltati e proposti ai bambini di tutto il mondo attraverso sostanze
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