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PAESI BASSI In generale il procedimento di licenziamento collettivo, una volta deciso in seguito alle negoziazioni di cui si è parlato, è identificabile con ciò che è previsto dal licenziamento individuale, essendo anch’esso basato sul meccanismo dell’autorizzazione e sulla stessa disciplina risarcitoria e sanzionatoria, oltre che sulle regole che riguardano i licenziamenti discriminatori. REGNO UNITO In caso di omessa consultazione presso i lavoratori da parte del datore di lavoro, può essere proposto ricorso al Tribunale del lavoro che, in caso di accoglimento della richiesta, può procedere a multare l’impresa, obbligandola al pagamento verso i destinatari del licenziamento collettivo di una sanzione pari fino a 90 giorni di retribuzione, sulla base del grado di inadempienza del datore di lavoro; il calcolo viene effettuato tenendo conto dell’importo massimo erogabile e delle eventuali attenuanti applicabili. L’intento è di punire la parte datoriale per qualsiasi comportamento discriminatorio o per palesi violazioni riscontrate nelle fasi di licenziamento. Non è necessario da parte del dipendente subire una perdita o mancata corresponsione della retribuzione al fine di richiedere la sanzione. Il datore di lavoro può non essere considerato colpevole solo se riesce a dimostrare la presenza di circostanze specifiche o particolari che hanno impedito l’osservanza delle disposizioni vigenti, e di avere adottato tutte le misure possibili sulla base delle circostanze in essere. Se un datore di lavoro è soggetto all’obbligo della consultazione con i rappresentanti dei lavoratori, nel rispetto dei principi contenuti nel Regolamento del 2004 sui Diritti di Informazione e di Consultazione dei lavoratori, e non adempie a tale processo, può essere inoltre oggetto di una sanzione, oltre alla compensazione finanziaria di cui sopra, non superiore a 75 mila sterline (circa 87.500 euro) da pagare allo Stato. I lavoratori con un’anzianità professionale presso lo stesso datore di lavoro superiore a 12 mesi, possono inoltre invocare la tutela contro il licenziamento ingiusto (“unfair dismissal”), ottenendo sempre una sentenza a suo favore, in caso di omissioni procedurali e sostanziali da parte del datore di lavoro. Nello specifico, qualora quest’ultimo intenda comprovare in sede giudiziale la validità del proprio operato, deve dimostrare non solo l’avvenuta fase di consultazione, anche individuale nei confronti dei destinatari interessati dal licenziamento, ma anche l’essersi adoperato per soluzioni alternative allo stesso. In questo caso, la sanzione applicabile al datore di lavoro non può superare le 66.200 sterline (circa 77.250 euro). Se il licenziamento risulta discriminatorio o illegittimo (per motivi legati alla razza, al sesso o alla disabilità, ad esempio), non esiste un limite massimo al risarcimento applicabile e non è necessaria l’anzianità di servizio pari ad almeno un anno. Ulteriore sanzione comminabile al datore di lavoro, perseguibile come reato, è la mancata informazione dell’avvio della crisi aziendale al Dipartimento per le Imprese; in questo caso la sanzione può arrivare fino a un massimo di 5 mila sterline (circa 5.800 euro). In aggiunta, rientra nei reati penali per un datore di lavoro il non avere fornito al lavoratore una dichiarazione scritta sulle modalità di calcolo dell’indennità di preavviso 22 . 22 Ibidem, pag. 247 Benchmarking sulla flessibilità in uscita in Europa pag.73