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altra prestazione sociale; questi importi devono essere rifusi dal datore di lavoro all’ente erogatore (§ 11 KSchG). In caso di condanna del datore alla reintegrazione del lavoratore e questi abbia nel frattempo iniziato un altro rapporto di lavoro, il lavoratore può decidere di non proseguire l’attività col datore soccombente in giudizio dandogliene comunicazione, in forma orale o scritta, entro una settimana dal passaggio in giudicato della sentenza che ordina la reintegrazione. Questa dichiarazione determina l’estinzione del rapporto di lavoro, e il lavoratore ha diritto di chiedere le retribuzioni dovute tra la comunicazione del licenziamento e l’inizio del nuovo rapporto di lavoro. ITALIA La Riforma Fornero (Legge n. 92/12) ha introdotto una nuova disciplina sanzionatoria modificando il dettato dall’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori (Legge n. 300/70). La Riforma individua tre differenti regimi sanzionatori in relazione al licenziamento discriminatorio (o per motivo illecito determinante), disciplinare o per motivi economici, prevedendo per la prima volta, una tutela a carattere risarcitorio nel campo della tutela reale che garantiva fino ad oggi alle imprese con più di 15 dipendenti, una tutela in forma specifica quale la reintegrazione nel posto di lavoro, cui si aggiunse, nel tempo, l’opzione indennitaria introdotta dalla Legge n. 108/90. La Riforma ha introdotto forme di tutela risarcitoria anche con riferimento ai licenziamenti collettivi (sopra descritti). Il comma 1 del novellato art. 18 Legge n. 300/70, individua, in primo luogo, i casi di nullità del licenziamento, tra i quali il recesso per motivi discriminatori (ossia determinato da ragioni di credo politico o sindacale, fede religiosa o razziali, di sesso, di handicap, di età, ecc.). Con riferimento al licenziamento discriminatorio, l’art. 1, non ha carattere innovativo, dato che già con la Legge n. 108/90, tale licenziamento era nullo, con applicazione della sanzione della reintegrazione e del risarcimento del danno subito dal lavoratore. Lo stesso comma 1, come modificato dalla Legge n. 92/12, fa riferimento ai casi di recesso datoriale nullo in quanto intimato a causa di matrimonio o in violazione dei divieti di licenziamento in caso di maternità e paternità. Il licenziamento è nullo anche per motivo illecito determinante. La Riforma unifica il regime sanzionatorio del licenziamento nullo, dal quale deriva il diritto del lavoratore alla reintegrazione nel posto di lavoro, a prescindere dal numero dei dipendenti occupati e dalla qualifica del lavoratore, applicandosi infatti anche ai dirigenti. Inoltre è prevista un’indennità risarcitoria pari alle mensilità perdute dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione, con un minimo di cinque. È anche prevista l’opzione alla reintegrazione. Il lavoratore che ha diritto alla reintegrazione, infatti, ha la facoltà di chiedere al datore di lavoro, in sostituzione alla reintegrazione, un’indennità pari a 15 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, la cui richiesta determina la risoluzione del rapporto di lavoro e che non è assoggettata a contribuzione previdenziale. La richiesta dell’indennità non fa perdere il diritto al risarcimento del danno subito dal lavoratore e deve essere fatta entro 30 giorni dalla comunicazione della pubblicazione della sentenza che dichiara la nullità del licenziamento o dall’invito del datore di lavoro a riprendere servizio, se anteriore a tale comunicazione. Il regime sanzionatorio per il licenziamento disciplinare, è diverso. Infatti il Giudice nell’ipotesi di licenziamento motivato da mancanze più o meno gravi del lavoratore (licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo), potrà, per la prima volta, graduare la sanzione, a secondo dei casi, tra la reintegrazione del lavoratore o un’indennità risarcitoria compresa tra 12 e 24 mensilità di retribuzione 21 . 21 I bidem Nota 4 Benchmarking sulla flessibilità in uscita in Europa pag.72