del licenziamento. La presenza del Consiglio d’azienda incide quindi, prima sulla disciplina
sostanziale/procedimentale, e, dopo, su quella processuale.
ITALIA
L'art. 24 della Legge n. 223/91 attua la Direttiva comunitaria n. 75/129 del 17 febbraio 1975
riavvicinando la legislazione degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi.
Si tratta di licenziamenti intimati per esigenze obiettive dell'impresa quando ricorrano i
requisiti indicati dalla normativa. Infatti la disciplina dei licenziamenti collettivi è caratterizzata
dalla dimensione occupazionale dell'impresa (che occupa più di 15 dipendenti), dal numero dei
licenziamenti (che coinvolgono almeno 5 dipendenti), e dall'arco temporale, di regola, di 120
giorni entro cui sono effettuati i licenziamenti stessi.
Tali elementi distinguono la fattispecie dei licenziamenti collettivi dai licenziamenti individuali
plurimi intimati per giustificato motivo oggettivo ex art. 3 Legge n. 604/96 dove emerge la
necessità di valutare le ragioni produttive e organizzative dedotte dall'imprenditore. L'art. 24
Legge n. 223/91 rinvia agli art. 4 e 5 della stessa legge per cui nei confronti dei licenziamenti
collettivi per riduzione del personale si applicano le procedure in materia di mobilità previste
anche per la diversa ipotesi di esuberi di personale presso le imprese ammesse alla CIGS dove
il recesso deriva dalla impossibilità di reimpiegare i lavoratori sospesi.
Prima che possano essere intimati i licenziamenti collettivi, l’imprenditore deve esperire la
procedura consultiva di mobilità, che si divide in due fasi: la prima di consultazione in sede
sindacale e la successiva (eventuale) in sede amministrativa. Nell’ambito della prima, il datore
di lavoro non è obbligato a raggiungere l’accordo sindacale. Se lo raggiungono la procedura è
conclusa e il datore di lavoro può mettere i lavoratori in mobilità. Il contenuto dell’accordo
sindacale può però variare. Le parti possono stabilire i criteri di scelta, in deroga ai criteri
legali, o stabilire il ricorso a misure alternative, quali la CIGS o i contratti di solidarietà o il
ricorso generalizzato al part time, o stabilire il riassorbimento, totale o parziale, degli esuberi 16 .
La Legge n. 223/91 contempla due ipotesi di licenziamento per riduzione del personale: quella
contenuta nell'art. 24 che si applica a tutte le imprese con più di 15 dipendenti e quella
prevista nell'art. 4 che riguarda le sole imprese ammesse alla CIGS, ma ad ambedue si applica
la medesima procedura di mobilità.
Tale disciplina regola in modo organico il problema delle eccedenze di manodopera
promuovendo la collaborazione tra le Parti sociali che possono proporre soluzioni alternative ai
licenziamenti, prevede, come conseguenza dell'esito negativo delle consultazioni sindacali,
l'iscrizione delle liste di mobilità, interventi economici di sostegno di lavoratori disoccupati,
agevolazioni per il reinserimento nel mercato del lavoro dei lavoratori licenziati 17 .
La procedura di licenziamento collettivo si articola in due fasi, la prima è obbligatoria e si
svolge in sede sindacale, la seconda che è eventuale, in sede amministrativa.
La prima fase deve essere svolta entro 45 giorni (termine ridotto della metà se i lavoratori in
esubero sono meno di 10) dal ricevimento della comunicazione di avvio che il datore di lavoro
è tenuto ad inviare in forma scritta alle rappresentanze sindacali aziendali ed alle rispettive
associazioni sindacali. Qualora non siano state istituite rappresentanze sindacali aziendali, la
comunicazione deve essere inviata alle associazioni sindacali aderenti alle confederazioni
maggiormente rappresentative a livello nazionale.
Nella comunicazione il datore di lavoro deve indicare i motivi che hanno determinato
l'eccedenza di personale ed i motivi tecnici, organizzativi e/o produttivi per i quali si ritiene di
non poter evitare gli esuberi, nonché il numero, la collocazione aziendale ed i profili
16 Ibidem Nota 8
17 Fonte: Ministero del Lavoro
Benchmarking sulla flessibilità in uscita in Europa
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