impiegato, in ragione del fatto che questa, ammettendo il licenziamento libero (c.d.
employment at will), si pone in contrasto con i principi di ordine pubblico nazionale ed europeo.
L'art. 30 sembra, dunque, destinato ad acquisire un rilievo giuridico significativo negli
ordinamenti nazionali, ben oltre i vincoli posti dalla stessa Carta (nel cit. art. 51). Anche per
questo motivo è opportuno soffermarsi sul suo contenuto. L’art. 30, infatti, a dispetto della sua
formulazione generica, in quanto si limita a dettare il principio per cui ogni licenziamento va
giustificato, senza fornire alcuna indicazione circa le ragioni legittimamente adducibili e (tanto
meno) circa le sanzioni da applicare in mancanza di valide ragioni giustificative, deve
comunque essere interpretata alla luce delle altre fonti del diritto dell’UE alle quali la stessa
Carta fa riferimento (art. 53).
Principi in materia di licenziamento sono dettati in particolare dall'art. 24 della cit. Carta
Sociale europea e dalla Convenzione OIL n. 158/1982. L'art. 24 della Carta Sociale “riveduta”
(del 1996) è stato ratificato da ben oltre la metà degli Stati dell'UE, tra i quali l'Italia (con L. 9
febbraio 1999, n. 30) La Convenzione OIL, invece, solo da 9 (e non dall’Italia). La mancata,
parziale ratifica di queste fonti internazionali non impedisce, però, alla Corte di Giustizia di
utilizzare tali fonti, nel proprio ambito di competenza, per dedurne principi rilevanti per il diritto
dell'UE. Anche per questo motivo esse meritano più attenzione di quella che hanno finora
riscosso. L'art. 24 della Carta Sociale ribadisce il principio per cui qualsiasi licenziamento deve
fondarsi su una valida ragione legata o all'incapacità e al comportamento del lavoratore, o ad
esigenze organizzative dell'azienda. La suddetta ragione (cui deve fare specifico riferimento
una fonte vincolante l'ordinamento nazionale), deve essere sempre comunicata al lavoratore
affinché possa valutarne la fondatezza ed eventualmente contestarla davanti a un'autorità
terza e imparziale. La mancanza di una valida ragione dà al lavoratore il diritto a un adeguato
compenso o ad una "tutela appropriata". Nell'Appendice alla Carta Sociale, ad ulteriore
specificazione del significato della norma, sono elencate una serie di ragioni che non possono
mai giustificare un licenziamento, come lo svolgimento di attività sindacale, i congedi per
motivi familiari, le ragioni discriminatorie, la malattia, la rivendicazione di diritti nei confronti
del datore, ecc. Ulteriori e più precisi standard di tutela sono dettati dalla Convenzione OIL n.
158, specialmente in tema di onere della prova e di adeguata tutela per la disoccupazione
conseguente al licenziamento, da garantire a prescindere dalla sua legittimità. Si tratta, come
si vede, di principi di carattere generale, per lo più presenti nelle legislazioni nazionali, ma non
per questo privi di rilevanza, soprattutto a fronte dell’evoluzione che l’istituto in parola registra
in vari Stati dell’UE.
Il dialogo tra Corte di Giustizia e Corti ed organismi deputati a vigilare sul rispetto delle altre
fonti internazionali (per la Carta Sociale, il Comitato europeo dei diritti sociali) può favorire la
circolazione dei consolidati principi interpretativi utilizzati dalla Corte di Giustizia nella sua
giurisprudenza in materia di diritti e libertà fondamentali:
a) in primo luogo, il principio di proporzionalità, secondo cui la limitazione di un diritto è
giustificata solo se necessaria a tutelarne un altro di pari valore e solo se non esistono altre vie
per perseguire tale finalità: un principio che, se applicato al licenziamento, implica un rigoroso
bilanciamento tra esigenze dell’impresa e della produzione e diritto al lavoro, fondato sul
criterio dell'extrema ratio del recesso;
b) in secondo luogo, il principio di effettività, secondo cui la sanzione per la violazione di un
diritto deve esser effettiva ed efficace, ovvero tale da costituire un reale deterrente per il
datore di lavoro.
Gli standard internazionali possono assumere un rilievo non secondario, sia per interpretare il
diritto vigente che per orientare la futura legislazione. Sotto questo secondo profilo, le fonti
Benchmarking sulla flessibilità in uscita in Europa
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