BENCHMARKING SULLA FLESSIBILITÀ IN USCITA
IN EUROPA
1. Introduzione
La Carta Sociale europea (fonte, com’è noto, del Consiglio d'Europa, e non dell'Unione
Europea) nelle versione “riveduta” del 1996 contiene disposizioni cha pongono specifiche
garanzie contro i licenziamenti prevedendo, in particolare (art. 24), l'impegno delle Parti
contraenti (cioè gli Stati membri del Consiglio d’Europa, di Strasburgo) a riconoscere il diritto
dei lavoratori a non essere licenziati senza un valido motivo; il diritto dei lavoratori licenziati
senza valido motivo "ad un congruo indennizzo o altra adeguata riparazione"; il diritto dei
lavoratori stessi a ricorrere davanti ad un organo imparziale.
L'art. 30 della Carta di Nizza (“Tutela in caso di licenziamento ingiustificato”) così recita: “Ogni
lavoratore ha il diritto alla tutela contro ogni licenziamento ingiustificato, conformemente al
diritto comunitario e alle legislazioni e prassi nazionali”. Giova premettere che la Carta di Nizza
rappresenta un riferimento obbligato sia per il legislatore europeo, che per la Corte di giustizia,
pur essendo la sua concreta efficacia condizionata dall'ambito di applicazione del diritto dell'UE,
giusta la previsione dell’art. 51, co. 1, della Carta, secondo cui "le disposizioni della Carta si
applicano alle istituzioni, agli organi ed agli organismi dell'Unione nel rispetto del principio di
sussidiarietà, come pure agli Stati membri esclusivamente nell'attuazione del diritto
dell'Unione". Ciò implica che il legislatore europeo deve tener conto di quanto afferma l'art. 30
quando voglia intervenire sulla materia e, analogamente, la Corte di Giustizia deve garantirne
il rispetto nell'interpretare il diritto dell'UE e nel vigilare sulla sua corretta applicazione.
Tuttavia, è la stessa Carta di Nizza ad escludere che la norma in argomento abbia un effetto
diretto negli ordinamenti nazionali, in assenza di una direttiva che ne traduca il contenuto in
disposizioni giuridicamente vincolanti per gli Stati. Detto in termini più semplici, il giudice
nazionale non può considerare un licenziamento illegittimo per il solo fatto che esso violi l’art.
30 né di per sé tale norma, per com’è scritta, limiterebbe (il condizionale è d’obbligo) il potere
degli Stati di regolare liberamente la materia, in ipotesi anche liberalizzando del tutto il
licenziamento. Tuttavia, i limiti posti dalle istituzioni dell'UE a difesa del riparto di competenze
tra Unione e Stati membri si sono rivelati meno solidi di quanto previsto. Nelle giurisprudenza
di vari Paesi (come il Portogallo, la Spagna, la Francia, l’Irlanda, il Belgio) è, infatti, sempre più
diffuso il riferimento all'art. 30 della Carta, come strumento di interpretazione del diritto
interno, al fine di rafforzare le tutele da questo previste o di colmarne le lacune.
Anche nella giurisprudenza italiana non mancano sentenze che richiamano la Carta di Nizza per
fondare decisioni favorevoli al lavoratore licenziato. È il caso della sentenza della Cassazione n.
21967/2010, che richiama l'art. 30 per affermare che la libertà di iniziativa economica
riconosciuta dall'art. 41 Cost. non preclude al giudice la possibilità di valutare se nel caso
concreto questa prevalga o meno sulla tutela del posto di lavoro. Il che è da escludere laddove
il datore assuma un lavoratore somministrato per svolgere le mansioni proprie del lavoratore
precedentemente licenziato (in violazione del c.d. obbligo di repêchage). In una precedente
sentenza (la n. 15822/2002), la Corte di Cassazione ha usato l’art. 30 della Carta per
escludere l'applicazione della legge dello Stato di New York a un lavoratore italiano ivi
Benchmarking sulla flessibilità in uscita in Europa
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