sulla prevenzione o i professori universitari che insegnano nelle Università “libere”. In alcuni
casi sono gli stessi contratti collettivi a stabili una maggiore protezione per i lavoratori di
determinati settori o imprese.
Nella seconda tipologia si possono annoverare coloro che beneficiano di particolari diritti
sociali, come ad esempio lavoratrici in stato interessante o in maternità, lavoratori in congedo
parentale, in congedo per studio, ecc..
In tali casi il datore di lavoro rimane libero di licenziare per circostanze non riconducibili
all’evento protetto e, comunque, in caso di licenziamento irregolare sarà costretto a pagare
un’indennità di “protezione”, pari alla retribuzione del lavoratore per un certo numero di mesi
(da 3 a 6).
Nell’ultima tipologia sono ricompresi i delegati ai consigli d’impresa, i membri del comitato per
la prevenzione e la protezione e i canditati alle elezioni sociali, che non possono essere
licenziati salvo che per “gravi” motivi, giudicati tali dal tribunale del lavoro dopo un preciso
iter, o per motivi economici, accordati dalla commissione paritaria competente secondo una
procedura particolare.
In tale contesto sono assimilati al licenziamento irregolare: la modifica delle condizioni
unilaterali delle condizioni di lavoro, o determinati comportamenti assimilabili, di fatto, ad una
conclusione del contratto.
In caso di licenziamento irregolare di delegati sindacali è prevista la possibilità per questi ultimi
di chiedere di essere reintegrati al lavoro. In caso di accoglimento della domanda, il lavoratore
reintegrato ha diritto al pagamento delle mensilità e dei contributi non versati.
Nell’ipotesi in cui il lavoratore non chieda di essere reintegrato al lavoro, il lavoratore licenziato
illegalmente ha diritto ad un’indennità pari a :
2 anni di retribuzione, con un’anzianità di servizio inferiore ai 10 anni;
3 anni di retribuzione, con un’anzianità di servizio compresa tra 10 e 20 anni;
4 anni di retribuzione, con un’anzianità di servizio superiore ai 20 anni.
In caso di richiesta di reintegrazione rifiutata dal datore di lavoro, il lavoratore ha diritto, oltre
alle indennità sopra descritte, al pagamento della retribuzione fino alla conclusione del
mandato per cui era stato eletto.
DANIMARCA
In generale non esiste un divieto formale di licenziamento senza giusta causa, anche se i
contratti prevedono che i licenziamenti ipotizzabili siano fondati su una giusta causa, che può
dipendere o dal comportamento del lavoratore e dalle sue performance o dalle condizioni
economiche dell’azienda.
Nel caso di un licenziamento dovuto a performance del lavoratore ritenute insufficienti, è
necessario che il licenziamento sia preceduto da uno o più avvisi scritti che possano consentire
al dipendente di porre rimedio alla situazione ed evitare il licenziamento.
Nel caso di un licenziamento per motivi economici, è necessario che questi si concretizzino
nell’esigenza di una riorganizzazione del lavoro che richieda una riduzione dell’organico. In
quest’ultimo caso i datori di lavoro devono garantire che i criteri di selezione dei lavoratori da
licenziare non siano basati su motivi discriminatori, come età, sesso, religione, ecc.
Non è richiesta alcuna autorizzazione per poter effettuare un licenziamento individuale. Non è
prevista per legge alcuna procedura predefinita, tuttavia la maggior parte dei contratti di
lavoro prevedono che sia seguita una procedura. Se il dipendente da licenziare è un
sindacalista occorre seguire particolari procedimenti, come ad esempio porre in essere dei
negoziati con i sindacati prima del licenziamento.
Benchmarking sulla flessibilità in uscita in Europa
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