Catalogo Catalogo | Page 20

oppure se la prosecuzione del rapporto ha determinato una violazione di entrambe le parti ad un vincolo legale 6 . Un licenziamento può essere pertanto contrario alla legge o contenente vizi di forma secondo i principi del diritto comune e può essere così definito:  illegittimo, nel caso di palese violazione da parte datoriale del contratto di lavoro (ad esempio, la mancanza del preavviso);  discriminatorio, nel caso il dipendente abbia motivo di credere di essere stato oggetto di un diverso trattamento, in palese violazione delle disposizioni vigenti sulla parità di sesso, di razza e di religione;  forzoso, nel caso di conclusione del rapporto di lavoro (senza preavviso) dietro precisa indicazione del datore di lavoro. Le normali circostanze per cui un impiegato ha la facoltà di recedere rientrano nella fattispecie “dell’inadempimento fondamentale del contratto” da parte datoriale. Dal momento che la legge non prevede nulla di particolare in merito alla procedura da seguire nel licenziamento, il datore deve attenersi alle istruzioni impartite dal giudice; va comunque sottolineato che dal 2004 è in vigore una procedura articolata in tre fasi, a cui il datore deve attenersi per i licenziamenti disciplinari. Il licenziamento deve essere comunicato al lavoratore per iscritto, con l’indicazione dei motivi (prima fase); in seguito il datore di lavoro convoca il lavoratore per discutere la situazione e informarlo della possibilità di ricorrere alla decisione (seconda fase); segue quindi l’incontro vero e proprio nel caso il dipendente voglia opporsi al licenziamento (terza fase). Nulla è dovuto al lavoratore nel caso in cui l’interruzione del rapporto sia causata dalla sua condotta, mentre invece qualora egli sia in esubero ha diritto ad un’indennità calcolata sul periodo ininterrotto di lavoro presso l’impresa. In caso di fallimento da parte del datore di lavoro, l’interruzione del rapporto di lavoro viene automaticamente considerata inefficace, dando il diritto ad un risarcimento compensativo deciso dal giudice, compreso tra un minimo di 8.400 sterline (circa 9.850 euro) fino a un massimo di 56.800 sterline (circa 66.650 euro), ulteriormente incrementabili del 50% in caso venga dimostrata l’incapacità del datore di lavoro nell’adempiere ai requisiti formali richiesti dalla procedura di licenziamento. Va comunque sottolineato che, nonostante l’ordine di reintegro, il datore di lavoro può rifiutarsi fornendo un’ulteriore compensazione economica al lavoratore. Emerge pertanto che il principale motivo di impugnazione del licenziamento riguarda la motivazione del provvedimento stesso davanti al tribunale del lavoro, per poi eventualmente ricorrere in appello ad un grado superiore di giudizio. L’azione deve essere inizialmente avviata dal lavoratore (entro tre mesi dalla conclusione del rapporto di lavoro), che ha l’onere iniziale di dimostrare che il licenziamento ha avuto luogo, mentre al datore di lavoro spetta di rilevare la sussistenza di una giusta causa. Una volta che l’imprenditore abbia soddisfatto tale requisito sarà il giudice a valutare se egli abbia agito in modo responsabile nell’adottare quella decisione. Quindi, al datore di lavoro compete l’onere di avvalorare le motivazioni del licenziamento, nello specifico la ragione principale (eventualmente legata alle capacità e attitudini del lavoratore stesso, alla sua condotta, o all’eventuale ridondanza rispetto all’organico), assieme alle motivazioni accessorie. Il tribunale del lavoro emette una decisione sulla validità o meno del processo di licenziamento impugnato dal lavoratore; va comunque sottolineato come, a partire dall’ottobre del 1994, la conclusione del rapporto di lavoro viene considerata illegittima in caso di palese violazione procedurale da parte datoriale. Nel Paese esiste comunque la possibilità di ricorrere all’arbitrato, a seguito del quale le parti rinunciano al diritto di ricorrere al Tribunale. Nelle controversie di lavoro competente è l’ACAS, il Servizio di Consulenza, conciliazione e arbitrato del Regno Unito, costituito dal Dipartimento 6 I licenziamenti in Italia e in Europa. Di Fernando Mariani, Martina Marmo e Matteo De Bonis. UIL, 2011 Benchmarking sulla flessibilità in uscita in Europa pag.20