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FILIPPO
Michele Filippo, figlio di Giuseppe:
«Il confronto con la morte, con la fine di un’esistenza, importa usual-
mente anche un giudizio di valore. Si dice di solito di un essere
umano come è stato in vita, o come non è stato. E su questo giudizio
di valore espresso normalmente dalla comunità, anche la coscienza
dei superstiti si acquieta.
Che sia buono o cattivo, bianco o nero, «mors est quies viatoris».
Per quanto io ne sappia, non ho mai visto, alla fine di tutto, la morte
tingersi di altri colori. Quando guardo negli occhi di coloro che, come
me, hanno avuto la ventura di subire la mia stessa esperienza, in
questi occhi che, soli, sanno quello che hanno passato, vedo la morte
tingersi di grigio. Io credo che quello che angustia, che tormenta le
esistenze dei superstiti consista anche, o, forse soprattutto, in
questo, nel fatto che il giudizio di valore dovuto, voluto, richiesto e
fors’anche preteso nei confronti dei nostri Caduti non sia stato
espresso, o sia stato espresso solo a metà, o, peggio ancora, sia
stato artefatto.
CARBONE
Carmela, figlia primogenita di Luigi Carbone:
«Io ho un rimpianto: che mio padre non abbia fatto in tempo a vedermi spo-
sata. Era felice, non vedeva l’ora che arrivasse quel primo agosto per accom-
pagnarmi all’altare. Eppure ce n’era voluto per convincerlo, anzi, per convin-
cere me stessa a trovare il coraggio di presentagli il mio futuro marito. Papà
non “dimenticava” mai di essere un poliziotto ed era rigido e severo anche in
casa. (…) Non mi sono più sposata il primo agosto… »
Patrizia, secondogenita di Luigi Carbone:
«Arrivai in questura, volevano nascondermi che papà era morto, cercavano di
prendere tempo affermando che forse era stato soltanto ferito. Allora chiesi
di essere accompagnata all’ospedale: “Patrizia – mi disse alla fine un poliziot-
to – adesso dobbiamo andare a casa, devi stare accanto a tua madre e ai tuoi
fratelli. Fatti forza non c’è più nulla da fare”. Al processo ci siamo costituiti
parte civile. In aula c’erano le “belve”, rinchiuse nella loro gabbia. Fu trau-
matizzante. Per entrare nell’aula bunker, pur sapendo che
eravamo i figli di un poliziotto ucciso, ci perquisivano con
uno zelo che ci faceva sentire dei delinquenti ».
(da Terrorismo. L’altra storia)
Il meridione d’Italia, in quegli anni, è probabilmente quello che ha
pagato il più alto prezzo di vite umane costituite dai suoi uomini che
al nord si trovarono prima a lavorare e poi a morire.
Walter Tobagi sul Corriere della Sera del 11 gennaio 1980 in occasione dei funerali
di Santoro, Tatulli e Cestari
Oggi, sono di ritorno dalla celebrazione del Giorno
della Memoria delle Vittime del Terrorismo al Quirina-
le, il 9 maggio scorso. Sono di ritorno con uno spirito
nuovo, dopo una giornata storica, attesa da
trent’anni. Torno con la piena consapevolezza che, fi-
nalmente, dopo tanti anni, qualcosa è cambiato. Che
quel giudizio di valore per anni artefatto si è tinto di
un colore nuovo. Di un bianco luminoso ».
TANTI RAGAZZI SENZA BANDIERA AI FUNERALI DEI TRE POLIZIOTTI
(dall’intervento al MEMORIAL DAY 2008, Bari, 14 maggio 2008)
AMMATURO
Ermelinda Lombardi, vedova del vicequestore Antonio Ammaturo:
«Mi ricordo che quel giorno faceva un caldo pazzesco. Antonio aveva
riposato un po’, come al solito. Poco prima delle 17 Pasquale Paola ci-
tofonò per dirmi che era arrivato. Era solito entrare con l’Alfasud nel
cortile e mettersi in attesa. Io avevo la macchinetta del caffé sul
fuoco, là pronta, ma Antonio disse che non aveva tempo. Replicai
che si trattava di aspettare soltanto un minuto, ma lui ribadì che
aveva fatto tardi e se ne andò quasi correndo. Lo salutai appena.
Restai in casa con due delle mie figlie, Gilda e Maria Cristina. La
terza, Grazia, era andata a casa di un’amica a studiare. Pochi minuti
più tardi sentii dei frastuoni – non capii subito che si trattava di spari
– e urla disperate che venivano dalla strada. Un tragico presentimen-
to mi prese all’improvviso e mi precipitai di corsa giù per le scale.
Non ero arrivata in fondo quando un inquilino mi bloccò con un ab-
braccio. Allora capii». (da Terrorismo. L’altra storia)
Andrea CAMPAGNA,
Bartolomeo MANA,
agente Digos,
vigile urbano,
a Milano il
a Druento (TO) il
Antonio MEA, brigadiere P.S. e
Pietro OLLANU, agente P.S.,
a Roma il
19.04
13.07
03.05
Bari, 28 novembre 1980.
L’appuntato Filippo Giuseppe sta rientrando a casa dopo la sua
giornata di servizio presso l’archivio generale della Questura.
Proprio sul portone di casa viene affrontato da due sconosciuti che
cercano di togliergli l’arma: la sua reazione fa sì che i due lo uccidano
Torre del Greco (NA),
27 aprile 1981.
Il brigadiere Carbone
fa parte della scorta
dell’assessore regionale
Ciro Cirillo che sta
rientrando alla sua
abitazione quando
i terroristi circondano
la sua auto, aprono il
fuoco uccidendo l’autista
Mario Cancello
e l’agente di scorta
Luigi Carbone
Napoli, 15 luglio 1982.
Appena salito sull'auto
davanti alla propria
abitazione il vicequestore
Ammaturo, capo della
squadra mobile della
Questura, viene ucciso
con il suo autista
Pasquale Paola
«Quante facce di ragazzi. Chi l’avrebbe immaginato, qualche anno o perfino qualche
mese fa, che migliaia di studenti si sarebbero radunati così, spontaneamente, al fu-
nerale di tre poliziotti caduti nell’agguato brigatista? Erano usciti da scuola, a frotte,
i libri sotto braccio; ed erano arrivati in silenzio, senza sventolare bandiere, senza
gridare slogan, accalcandosi attorno a Sant’Ambrogio.
È sempre difficile cercare di cogliere, e interpretare, gli stati d’animo collettivi. Ma
quel che è successo ieri non rientra nel novero dei fatti previsti o scontati. Ho ripetu-
to a decine di ragazzi la stessa domanda: perché sei venuto? E sul quaderno ho an-
notato risposte immediate, quasi istintive.
«Siamo venuti per testimoniare contro una cosa schifosa, schifosa per tutti», mi
dicono Paolo e Michele, sedicenni del liceo artistico. Luca, dell’Istituto tecnico di San
Donato: «Volevo esserci anch’io perché la polizia è gente come noi». Due ragazze
della Cattolica: «Non ne possiamo più di questo sterminio. Perché uccidono?».
Gli occhi degli studenti, della gente qualsiasi, degli operai che alzano striscioni di
consigli di fabbrica; gli occhi di trentamila persone si commuovono al passaggio di
un corteo gelido di silenzio, un silenzio rotto solo dal pianto dei parenti. «Figlio di
mamma, figlio di mamma», «Madonna, Sant’Anna mia, dammi la forza»: gesti, ve-
stiti umili, parole di dolore secondo un antico costume meridionale. E i gonfaloni di
Baronissi, San Lorenzello e Bitonto aprono il corteo per testimoniare che, ancora una
volta, questo prezzo di sacrificio e di sangue è pagato da gente del Sud …».
Michele GRANATO,
Carmine CIVITATE,
guardia P.S.,
barista,
a Roma il
a Torino il
Luciano MILANI,
Antonio VARISCO,
Carlo GHIGLIENO,
appuntato CC,
tenente colonnello CC,
funzionario d’industria,
a Bardi (PR) il
a Roma il
a Torino il
09.11
18.07
21.09
19.11
13.07
1979
04.06 10.06 05.08
VIII Legislatura
della Repubblica
italiana Elezioni per il
1° Parlamento
Europeo 1° Governo Cossiga
Coalizione:
DC, PLI, PSDI
Vittorio BATTAGLINI,
maresciallo CC e
Mario TOSA,
carabiniere scelto,
a Genova il
21.11