catalogo anni di piombo 69780676-catalogo-anni-di-piombo-b | Page 19

FILIPPO Michele Filippo, figlio di Giuseppe: «Il confronto con la morte, con la fine di un’esistenza, importa usual- mente anche un giudizio di valore. Si dice di solito di un essere umano come è stato in vita, o come non è stato. E su questo giudizio di valore espresso normalmente dalla comunità, anche la coscienza dei superstiti si acquieta. Che sia buono o cattivo, bianco o nero, «mors est quies viatoris». Per quanto io ne sappia, non ho mai visto, alla fine di tutto, la morte tingersi di altri colori. Quando guardo negli occhi di coloro che, come me, hanno avuto la ventura di subire la mia stessa esperienza, in questi occhi che, soli, sanno quello che hanno passato, vedo la morte tingersi di grigio. Io credo che quello che angustia, che tormenta le esistenze dei superstiti consista anche, o, forse soprattutto, in questo, nel fatto che il giudizio di valore dovuto, voluto, richiesto e fors’anche preteso nei confronti dei nostri Caduti non sia stato espresso, o sia stato espresso solo a metà, o, peggio ancora, sia stato artefatto. CARBONE Carmela, figlia primogenita di Luigi Carbone: «Io ho un rimpianto: che mio padre non abbia fatto in tempo a vedermi spo- sata. Era felice, non vedeva l’ora che arrivasse quel primo agosto per accom- pagnarmi all’altare. Eppure ce n’era voluto per convincerlo, anzi, per convin- cere me stessa a trovare il coraggio di presentagli il mio futuro marito. Papà non “dimenticava” mai di essere un poliziotto ed era rigido e severo anche in casa. (…) Non mi sono più sposata il primo agosto… » Patrizia, secondogenita di Luigi Carbone: «Arrivai in questura, volevano nascondermi che papà era morto, cercavano di prendere tempo affermando che forse era stato soltanto ferito. Allora chiesi di essere accompagnata all’ospedale: “Patrizia – mi disse alla fine un poliziot- to – adesso dobbiamo andare a casa, devi stare accanto a tua madre e ai tuoi fratelli. Fatti forza non c’è più nulla da fare”. Al processo ci siamo costituiti parte civile. In aula c’erano le “belve”, rinchiuse nella loro gabbia. Fu trau- matizzante. Per entrare nell’aula bunker, pur sapendo che eravamo i figli di un poliziotto ucciso, ci perquisivano con uno zelo che ci faceva sentire dei delinquenti ». (da Terrorismo. L’altra storia) Il meridione d’Italia, in quegli anni, è probabilmente quello che ha pagato il più alto prezzo di vite umane costituite dai suoi uomini che al nord si trovarono prima a lavorare e poi a morire. Walter Tobagi sul Corriere della Sera del 11 gennaio 1980 in occasione dei funerali di Santoro, Tatulli e Cestari Oggi, sono di ritorno dalla celebrazione del Giorno della Memoria delle Vittime del Terrorismo al Quirina- le, il 9 maggio scorso. Sono di ritorno con uno spirito nuovo, dopo una giornata storica, attesa da trent’anni. Torno con la piena consapevolezza che, fi- nalmente, dopo tanti anni, qualcosa è cambiato. Che quel giudizio di valore per anni artefatto si è tinto di un colore nuovo. Di un bianco luminoso ». TANTI RAGAZZI SENZA BANDIERA AI FUNERALI DEI TRE POLIZIOTTI (dall’intervento al MEMORIAL DAY 2008, Bari, 14 maggio 2008) AMMATURO Ermelinda Lombardi, vedova del vicequestore Antonio Ammaturo: «Mi ricordo che quel giorno faceva un caldo pazzesco. Antonio aveva riposato un po’, come al solito. Poco prima delle 17 Pasquale Paola ci- tofonò per dirmi che era arrivato. Era solito entrare con l’Alfasud nel cortile e mettersi in attesa. Io avevo la macchinetta del caffé sul fuoco, là pronta, ma Antonio disse che non aveva tempo. Replicai che si trattava di aspettare soltanto un minuto, ma lui ribadì che aveva fatto tardi e se ne andò quasi correndo. Lo salutai appena. Restai in casa con due delle mie figlie, Gilda e Maria Cristina. La terza, Grazia, era andata a casa di un’amica a studiare. Pochi minuti più tardi sentii dei frastuoni – non capii subito che si trattava di spari – e urla disperate che venivano dalla strada. Un tragico presentimen- to mi prese all’improvviso e mi precipitai di corsa giù per le scale. Non ero arrivata in fondo quando un inquilino mi bloccò con un ab- braccio. Allora capii». (da Terrorismo. L’altra storia) Andrea CAMPAGNA, Bartolomeo MANA, agente Digos, vigile urbano, a Milano il a Druento (TO) il Antonio MEA, brigadiere P.S. e Pietro OLLANU, agente P.S., a Roma il 19.04 13.07 03.05 Bari, 28 novembre 1980. L’appuntato Filippo Giuseppe sta rientrando a casa dopo la sua giornata di servizio presso l’archivio generale della Questura. Proprio sul portone di casa viene affrontato da due sconosciuti che cercano di togliergli l’arma: la sua reazione fa sì che i due lo uccidano Torre del Greco (NA), 27 aprile 1981. Il brigadiere Carbone fa parte della scorta dell’assessore regionale Ciro Cirillo che sta rientrando alla sua abitazione quando i terroristi circondano la sua auto, aprono il fuoco uccidendo l’autista Mario Cancello e l’agente di scorta Luigi Carbone Napoli, 15 luglio 1982. Appena salito sull'auto davanti alla propria abitazione il vicequestore Ammaturo, capo della squadra mobile della Questura, viene ucciso con il suo autista Pasquale Paola «Quante facce di ragazzi. Chi l’avrebbe immaginato, qualche anno o perfino qualche mese fa, che migliaia di studenti si sarebbero radunati così, spontaneamente, al fu- nerale di tre poliziotti caduti nell’agguato brigatista? Erano usciti da scuola, a frotte, i libri sotto braccio; ed erano arrivati in silenzio, senza sventolare bandiere, senza gridare slogan, accalcandosi attorno a Sant’Ambrogio. È sempre difficile cercare di cogliere, e interpretare, gli stati d’animo collettivi. Ma quel che è successo ieri non rientra nel novero dei fatti previsti o scontati. Ho ripetu- to a decine di ragazzi la stessa domanda: perché sei venuto? E sul quaderno ho an- notato risposte immediate, quasi istintive. «Siamo venuti per testimoniare contro una cosa schifosa, schifosa per tutti», mi dicono Paolo e Michele, sedicenni del liceo artistico. Luca, dell’Istituto tecnico di San Donato: «Volevo esserci anch’io perché la polizia è gente come noi». Due ragazze della Cattolica: «Non ne possiamo più di questo sterminio. Perché uccidono?». Gli occhi degli studenti, della gente qualsiasi, degli operai che alzano striscioni di consigli di fabbrica; gli occhi di trentamila persone si commuovono al passaggio di un corteo gelido di silenzio, un silenzio rotto solo dal pianto dei parenti. «Figlio di mamma, figlio di mamma», «Madonna, Sant’Anna mia, dammi la forza»: gesti, ve- stiti umili, parole di dolore secondo un antico costume meridionale. E i gonfaloni di Baronissi, San Lorenzello e Bitonto aprono il corteo per testimoniare che, ancora una volta, questo prezzo di sacrificio e di sangue è pagato da gente del Sud …». Michele GRANATO, Carmine CIVITATE, guardia P.S., barista, a Roma il a Torino il Luciano MILANI, Antonio VARISCO, Carlo GHIGLIENO, appuntato CC, tenente colonnello CC, funzionario d’industria, a Bardi (PR) il a Roma il a Torino il 09.11 18.07 21.09 19.11 13.07 1979 04.06 10.06 05.08 VIII Legislatura della Repubblica italiana Elezioni per il 1° Parlamento Europeo 1° Governo Cossiga Coalizione: DC, PLI, PSDI Vittorio BATTAGLINI, maresciallo CC e Mario TOSA, carabiniere scelto, a Genova il 21.11