I NCENDIO
di Paolo VI), é "La Chiesa che deve
venire a dialogo con il mondo in cui si
trova a vivere. La Chiesa si fa parola; la
Chiesa si fa messaggio; la Chiesa si fa
conversazione … Il dialogo …. deve
ricominciare ogni giorno; e da noi prima
che da coloro ai quali è rivolto″
(Ecclesiam suam 67.79). A Betlemme il 6
gennaio 1964 aveva esclamato: "Noi
guardiamo al mondo con immensa
simpatia. E se anche il mondo si sentisse
estraneo al cristianesimo e non
guardasse a noi, noi continueremmo ad
amarlo perché il cristianesimo non potrà
sentirsi estraneo al mondo.".
*** *** ***
U NA BREVE NOTA BIGRAFICA
Giovanni Battista Montini nacque a
Concesio (Brescia) il 26 settembre 1897.
Ordinato sacerdote nel 1920, dopo un
lungo servizio reso nella Segreteria di
Stato
vaticana,
fu
nominato
Arcivescovo di Milano da papa Pio XII
l’1 novembre 1954 e consacrato il 12
dicembre dello stesso anno. Creato
Cardinale da papa Giovanni XXIII il 15
dicembre 1958, fu eletto Papa con il
nome di Paolo VI il 21 giugno 1963. Morì
il 6 agosto 1978 a Castel Gandolfo. È
stato proclamato Beato da papa
Francesco il 19 ottobre 2014.
IN DIOCESI
Un’immagine dell’allora Arcivescovo Montini
durante il suo ingresso in Diocesi
Montini arriva a Milano da Roma il 4
gennaio 1955, due giorni prima
dell’ingresso ufficiale, in treno, seguito
da un vagone con novanta casse di
libri, scrive il «Corriere»: un puro
intellettuale?
Certamente
l’antico
sostituto e poi pro-segretario di Stato è
stato un diplomatico di razza che ha
trascorso trent’anni in Vaticano. Ma non
è un intellettuale astratto, quanto
piuttosto un sacerdote che ha lavorato
tantissimo nelle relazioni, a tutti i livelli, e
ha cercato di essere sempre un prete,
portando carità e catechismo nelle
borgate romane, confessando in
parrocchia, seguendo la San Vincenzo,
i mutilatini di don Gnocchi. Ora, da
vescovo, vuole riabituare i milanesi a
«pensare Dio», con la concretezza dei
progetti e delle opere e ritiene che il suo
dovere pastorale a Milano sia proprio
quello
di
restituire
la
«curiosità
metafisica» all’uomo moderno: che è
«un disorbitato, perché ha perso il suo
vero orientamento, che consiste nel
guardare verso il cielo», «è simile a colui
che è uscito di casa, e ha perduto la
chiave per rientrarvi»; insomma è un
«gigante cieco».
43