Bet El Za 1 - Bet-el-za Originale | Page 42

pare d'aver vissuto.... Vorrei finalmente comprenderla tutta nella sua storia, nel suo disegno divino, nel suo destino finale, nella sua complessa, totale e unitaria composizione, nella sua umana e imperfetta consistenza, nelle sue sciagure e nelle sue sofferenze, nelle debolezze e nelle miserie di tanti suoi figli, nei suoi aspetti meno simpatici, e nel suo sforzo perenne di fedeltà, di amore, di perfezione e di carità. Corpo mistico di Cristo. Vorrei abbracciarla, salutarla, amarla, in ogni essere che la compone, in ogni Vescovo e sacerdote che l'assiste e la guida, in ogni anima che la vive e la illustra; benedirla. Anche perché non la lascio, non esco da lei, ma più e meglio, con essa mi unisco e mi confondo: la morte è un progresso nella comunione dei Santi... E alla Chiesa, a cui tutto devo e che fu mia, che dirò? Le benedizioni di Dio siano sopra di te; abbi coscienza della tua natura e della tua missione; abbi il senso dei bisogni veri e profondi dell'umanità; e cammina povera, cioè libera, forte ed amorosa verso Cristo″. (Pensiero alla morte) La Chiesa era per lui la Chiesa di Cristo – Ecclesiam suam –, la Chiesa di cui Cristo è Signore, la Chiesa suo corpo. Qualcuno ha accusato Paolo VI di aver condotto il Vaticano II con un’ottica ecclesiocentrica, ma questo è contraddetto da tutto ciò che egli ha scritto e operato nella prosecuzione dei lavori del concilio e poi nella difficile opera dell’inizio della sua attuazione. È vero che, quando vuole indicare gli scopi principali del concilio, all’inizio della seconda sessione, delinea quattro punti: “La conoscenza o, se così piace dire, la coscienza della Chiesa, la sua riforma, la ricomposizione di tutti i cristiani 42 nell’unità e il colloquio della chiesa con il mondo contemporaneo” (Discorso di apertura della seconda sessione, 29 settembre 1963). Ma in apertura della terza sessione, il 14 settembre 1964, precisa subito che “la Chiesa … deve dire di sé ciò che Cristo di lei pensò e volle”. Il fondamento di tutto il concilio è dunque cristologico, e non solo ecclesiologico, come alcuni sostengono: non a caso Lumen gentium è Cristo, Dei Verbum è la parola di Cristo, la liturgia della Chiesa è Cristo che prega, il dialogo con il mondo è Cristo che raggiunge tutte le genti. Il concilio era un’assemblea ecclesiale, ma chi non ricorda Paolo VI che, entrando, cammina dietro il libro dei vangeli, segno di Cristo? Cristo è il punto di partenza, il centro e l’orizzonte del concilio Vaticano II. Per questo Paolo VI il 29 settembre 1963 grida con enfasi: “Te, Christe, solum novimus!”, e alla fine del discorso afferma: “Christus praesideat”, “Cristo presieda questo concilio”. La Chiesa che esce dal Concilio, di cui Paolo VI é stato "il grande timoniere" (Papa Francesco, omelia del 19 ottobre 2014, in occasione della Beatificazione