Il Vischio
Era molto importante per i Gallo-Celti. Le consuetudini sull'uso del vischio come elemento
apportatore di buona sorte derivano in effetti in buona parte dalle antiche tradizioni cel-
tiche, costumi di una popolazione che considerava questa pianta come magica (perché, pur
senza radici, riusciva a vivere su un'altra specie) e sacra. Lo poteva raccogliere infatti solo
il sommo sacerdote, con l'aiuto di un falcetto d'oro. Gli altri sacerdoti, coperti da candide
vesti, lo deponevano (dopo averlo recuperato al volo su una pezza di lino immacolato) in
una catinella (pure d'oro)
riem-pita d'acqua e lo mo-
stra-vano al popolo per la
ve-nerazione di rito. E per
guarire (per i Celti il vi-
schio era "colui che guari-
sce tutto; il simbolo della
vita che trionfa sul tor-
pore invernale) distribui-
vano l'acqua che lo aveva
bagnato ai malati o a chi,
comunque, dalle malattie
voleva essere preservato. I
Celti consideravano il vi-
schio una pianta donata
dalle divinità e riteneva-
no che questo arboscello
fosse nato dove era cadu-
ta la folgore, simbolo del-la
discesa della divinità sulla
terra. Plinio il Vec-chio ri-
ferisce che il vi-schio vene-
rato dai Celti era quello che
cresceva sulla quercia,
considerato l'albero del dio
dei cieli e della folgore per-
ché su di esso cadevano spesso i fulmini. Si credeva che la pianticella cadesse dal cielo in-
sieme ai lampi. Questa congettura - scrive il Frazer nel suo "Ramo d'oro" - è confermata
dal nome di "scopa del fulmine" che viene dato al vischio nel cantone svizzero di Argau.
"Perché questo epiteto - continua il Frazer - implica chiaramente la stessa connessione tra
il parassita e il fulmine; anzi la scopa del fulmine è un nome comune in Germania per ogni
escrescenza cespugliosa o a guisa di nido che cresca su un ramo perché gli ignoranti credo-
no realmente che questi organismi parassitici siano un prodotto del fulmine". Tagliando
dunque il vischio con i mi-stici riti ci si procura tutte le proprietà magiche del fulmine.
11