Tebe.
Una
guerra
imperversa
sotto
le
sue
mura.
Greci
contro
Greci
combattono
sotto
il
cocente
sole
del
mezzogiorno.
Tutti
sembrano
essersi
dimenticati
di
Antigone
che,
dopo
aver
condotto
suo
padre
in
esilio
ad
Atene,
rientra
nella
città
come
una
ladra,
“per
una
porticina
nascosta
all’interno
dei
bastioni”.
Non
sembra
essere
figlia
di
un
re:
i
suoi
vestiti
sono
laceri,
è
sudata
e
“si
dirige
verso
Tebe
come
San
Pietro
rientra
a
Roma,
per
farvisi
crocifiggere”.
La
guerra
ha
svuotato
le
strade
che
tremano
al
passaggio
dei
carri
d’assalto.
Le
donne
con
ansia
guardano
il
campo
di
battaglia,
sperando
che
nessuno
dei
loro
familiari
venga
ucciso.
Nessuno
si
cura
dei
corpi
abbandonati.
Queste
le
conseguenze
di
una
guerra
fratricida:
“malati
abbandonati
che
gli
uccelli
da
preda
scambiano
già
per
morti”.
Uno
vicino
all’altro
si
trovano
i
due
gemelli:
Eteocle,
vittorioso,
salvatore
della
patria,
e
Polinice,
“vinto,
spogliato,
morto”.
Antigone
si
carica
sulle
spalle
il
corpo
del
fratello
sconfitto,
ma
dall’alto
dei
bastioni
la
vede
Creonte,
nuovo
sovrano
della
città.
Non
si
interessa
delle
ragioni
che
spingono
Antigone
a
violare
l’editto
contro
la
sepoltura
dei
morti.
La
Yourcenar
non
si
preoccupa
neanche
di
evidenziare
la
trasgressione
di
una
legge
scritta.
L’eroina
greca
agisce
seguendo
le
norme
immortali,
quelle
dettate
dagli
dèi
e
per
questo
è
condannata
a
morte
da
Creonte.
Muore
impiccata
nella
sua
cella
eterna.
Poco
dopo,
disperato,
la
segue
Emone,
suo
promesso
sposo.
Tuttavia
a
tutto
ciò
Creonte
non
assiste.
Dorme
tranquillo
“sul
duro
cuscino
di
una
Ragione
di
Stato”.
E’
solo
un
incubo
che
lo
desta
per
mostrargli
la
scena
dei
due
innamorati,
oramai
senza
vita:
“Emone
legato
al
collo
dell’immensa
suicida
[…]
legati
l’uno
all’altro”.
E’
il
1936
quando
Marguerite
Yourcenar
scrive
“Antigone
e
la
scelta”
tratta
dalla
raccolta
“Fuochi”:
la
guerra
civile
imperversa
in
Spagna,
nell’aria
si
incomincia
a
percepire
uno
scontro
bellico
di
portata
mondiale,
e
l’autrice
francese
trasferisce
nel
paesaggio
intorno
alla
città
di
Tebe
la
disperazione
e
il
clima
di
terrore
di
quegli
anni:
“Sguscia
per
le
strade
svuotate
dalla
peste
dell’odio
[…]
si
arrampica
fino
alle
piattaforme
dove
le
donne
e
le
ragazze
ululano
di
gioia
per
ogni
proiettile
che
non
colpisca
i
loro
cari”,
la
morte
causata
da
una
guerra
civile,
fratelli
contro
fratelli,
la
cui
conseguenza
è
la
dimenticanza
dei
morti
che
vengono
abbandonati:
“cammina
sui
morti
come
Gesù
sulle
onde”.
L’eroina
greca
sembra
essere
seguita,
in
tutto
il
brano,
da
alcuni
fari
“che
la
fucilano”
rievocando,
come
la
stessa
autrice
scriverà
nella
Prefazione
di
un’edizione
del
dopoguerra,
“i
lugubri
fari
dei
campi
di
concentramento”.
Anche
in
“Antigone
e
la
scelta”
l’eroina
greca
compie
una
scelta.
Si
fa
paladina
di
una
giusta
giustizia
che
si
scontra
con
la
Ragione
di