Stato,
non
più
per
amore
fraterno
-‐
Eteocle
e
Polinice
agli
occhi
di
Antigone
sono
uguali
-‐
bensì
per
carità
cristiana.
E’
una
martire
che
si
sacrifica
per
ciò
in
cui
crede:
la
giustizia
di
Dio.
Sembra
essere
un
Gesù
ante
litteram.
Porta
anche
lei
la
sua
croce
“porta
la
sua
creatura
crocifissa
come
si
porterebbe
una
croce”:
un
fratello
che
è
motivo
di
vergogna
per
la
famiglia
e
la
comunità,
di
cui
però
solo
lei
ha
cura.
Ma,
a
differenza
della
protagonista
della
tragedia
sofoclea,
non
si
preoccupa
di
seppellirlo
di
notte
sperando
di
non
essere
vista.
Lo
porta
sulle
spalle
sotto
il
sole.
Vuole
che
i
suoi
vestiti
impregnati
di
sangue
siano
un
monito
per
quel
governo
dispotico
capeggiato
da
Creonte
“come
se
quei
suoi
stracci
coperti
di
sangue
fossero
una
bandiera”.
Antigone
è
il
cuore
del
mondo.
L’orologio
che
scandisce
il
tempo
nella
città
di
Tebe:
“Il
tempo
non
esiste
più
in
quella
città
di
Tebe
privata
d’astri.
Il
pendolo
del
mondo
è
il
cuore
di
Antigone”.
E’
solo
il
lento
dondolio
del
suo
cadavere,
legato
a
quello
di
Emone,
che
rimette
in
moto
“il
meccanismo
degli
astri”.
La
terra
trema
sotto
i
piedi
dei
Tebani
e
il
mondo
ricomincia
a
girare
“al
rumore
dell’orologio
di
Dio”.