a tu per tu
javier ZANETTI
Un vita con l’Inter, una Coppa UEFA alzata con suo un gol in finale. E, ancora sul tetto d’Italia, d’Europa e del Mondo sempre con i nostri colori. Back to the future, firmato JZ
Se è vero che nei cassetti della memoria calcistica portiamo soprattutto le immagini, che ci appaiono vivide anche solo chiudendo gli occhi, per una volta proviamo a concentrarci sui suoni, sui rumori della partita. Quelli che in questo periodo di match a porte chiuse stiamo captando così bene. Intraprendiamo così un viaggio nel passato, che ci proietta, allo stesso tempo, nel futuro prossimo, quello della Europa League, alle Finals 2020. Parco dei Principi, 6 maggio 1998. C’è un urlo: “Lascia”. Poi un rumore sordo, perfetto: scarpino sul pallone, il sibilo, il rintocco del cuoio sulla traversa. Chi è allo stadio non capta questi dettagli, travolti dal tripudio sugli spalti. Chi è a casa, in televisione, ascolta queste parole: “Attenzione, il destro, violentissimo!”.
«Abbiamo un modo di vivere il calcio che è lo stesso di come affrontiamo la vita. Per noi non ci sono limiti o alibi: andiamo a giocarcela con tutti, sempre». Una cultura che fa dell'Uruguay un paese simbolo: «Siamo in pochi, ma fin da piccoli giochiamo, e lo facciamo per competere. Siamo abituati a sfidare gli altri».
Non ci si rende conto della presenza scenica di q Milan Škriniar fino a quando non gli si passa accanto. Sorprende, quasi, che i suoi modi siano così gentili ed educati, sebbene decisi, come i suoi interventi in campo. Un gigante, vispo negli occhi e nei modi. «Sono arrivato in Italia quattro anni fa, giocavo poco, pensavo di andare via in prestito. Poi q la mia carriera è svoltata: merito degli allenatori che mi hanno dato fiducia e dei compagni che mi hanno aiutato a migliorare».
«Se pensavo di diventare un difensore di questa caratura? Forse no: di sicuro ora so che devo dare continuità alle mie prestazioni».
le giocate
di Alexis Sanchez
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