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nosciuta, magari senza nessun compagno della materna) o di contesto
familiare: per esempio il bambino sta
affrontando un periodo difficile perché è accaduto un evento che deve
ancora metabolizzare (separazione
dei genitori, nascita di un fratellino,
trasferimento in un’altra casa o città, perdita del lavoro da parte di un
genitore, ecc…). Ecco perché la sua
attenzione e la concentrazione verso
lo studio possono venire meno.
Per quanto riguarda l’aspetto cognitivo, invece, la pagella della prima elementare non è assolutamente
indicativa: una diagnosi di questo
tipo, infatti, può essere fatta solo
verso la fine della seconda elementare. Se dalla pagella sono emersi dei
problemi, i genitori dovrebbero chiedere un colloquio con l’insegnante.
La comunicazione con la maestra è
fondamentale, così come la fiducia: ci
sono genitori che negano i messaggi
dei docenti, limitandosi a vedere il
proprio figlio nel contesto familiare e
non immaginandolo in quello scolastico (mio figlio non è così, a casa è diverso, ecc.), quindi è importante che
ascoltino i consigli dell’insegnante,
anche quando questo dice qualcosa
che non ci si aspetta o non si vuole
sentirsi dire, per poi intervenire a
risolvere eventuali problemi tempestivamente.
E poi far prevalere la regola del
buon senso: il mestiere di genitore non si impara e non lo insegna
nessuno, perciò è utile ascoltare il
proprio bambino e osservare bene i
segnali che ci manda. Ricordiamo che
i bambini mandano sempre dei segnali molto chiari del proprio malessere
e il compito degli adulti è quello di
ascoltarli e aiutarli. E se si tratta di
reali difficoltà scolastiche? L’insegnante che si rende conto che il
bambino incontra difficoltà a scuola
dovrebbe valutarle e avvisare la famiglia, consigliando l’aiuto di specialisti
a seconda della natura del problema.
Se si verificasse un problema di natura emotivo-relazionale, o di motricità, allora sarebbe opportuno un aiuto
psicomotorio per rinforzare il se del
bambino, e migliorare la motricità.
E poi cercare di adattare al bambino
le regole di apprendimento, nel caso
abbia notato che ha tempi e ritmi diversi rispetto ai compagni.
I genitori, dal canto loro, non devono drammatizzare su una pagella
disastrosa e considerare che nulla è
perduto, che le lacune sono recuperabili e nel secondo quadrimestre si
avrà tutta la possibilità di migliorare.
Certo, prima si interviene meglio è.
Inoltre è importante rassicurare il
bambino facendogli capire che ci può
essere un miglioramento, che ha le
possibilità per riuscirci, insomma trasmettergli un messaggio positivo che
lo aiuta a recuperare il senso di autostima e a contribuire a far crescere
in lui la voglia di studiare e imparare.
Infine è bene che i genitori facciano
un confronto tra i brutti voti di
una pagella, certamente non attesi, con le proprie aspettative. In
particolare se si tratta di una famiglia
con un figlio unico, situazione tipica
in cui le attese sono tutte esclusivamente concentrate su di lui e non
c’è la possibilità di un confronto con
un altro figlio, che creerebbe sicuramente una preoccupazione minore.
La pressione scolastica da parte
dei genitori che incalzano i figli
perché abbiano voti alti è dannosa il rischio, infatti, è che il bambino
percepisca che è più importante un
bel voto piuttosto che applicare e apprendere la materia stessa. Insomma,
meglio un 6 che rispecchia le capacità
giuste del bambino, piuttosto che un
8 preso non per uno studio costante
ma per l’exploit di impegno breve ma
intenso e svolto solo per soddisfare il
desiderio dei genitori.