Viaggi in Lambretta - Mamma li turchi (2012) | Page 66

SCRIVE MARCO Ci siamo lasciati ieri sera dopo aver scritto il diario con la seguente frase: ahhh finalmente un cuscino, un letto, silenzio, nessuno che ci rompe i coglioni… invece no! Vi pare normale che se un Muezzin ha il mal di gola debba fare i gargarismi al megafono alle 4 di notte?? E’ proprio cosi che è andata, anche perchè nella scelta della location non avevamo valutato che la confinante moscheina potesse sparare svariati decibel notturni. Ma questo è disturbo della quiete pubblica no? Arriva la mattina in un baleno e andiamo a fare colazione (inclusa nel prezzo dell’ostello). Non vedevamo l’ora di fare una tipica colazione turca ma anche qui ci siamo subito ricreduti, vi illustriamo le pietanze: Nel medesimo piatto erano presenti : uovo affrittellato, affiancato da pomodoro, mortadella, panettino di burro, marmellata monodose, nutella monodose e formaggino monodose, cocomero in un piatto a fianco e per concludere caffè turco. Anche per noi che non siamo di gusti raffinati trovare l’ordine giusto di degustazione non è stato facile. La Madda invece, ci sarebbe andata a nozze. Terminata la colazione da campioni vediamo se c’è verso di vedere la ex chiesa di santa Sofia e ci dirigiamo in quella direzione. A questo punto siamo passati sotto un simil-sottopassaggio, il vero sottopassaggio. Passi sotto le ruote del treno!!! Praticamente è fatto con due travi di legno che sostengono le rotaie e mentre transitavamo… toh…. Passa il treno. Che spettaolo! Se alzavamo le mani ce le brasava! Arrivati là facciamo il biglietto per entrare, non c’era molta fila entriamo subito. 25 lire turche a testa. La chiesa / moschea è impressionante per le dimensioni, i mosaici e i dipinti che ci sono al suo interno. Lo stile è tipico bizantino (lo dice Mattia che di arte se ne intende!!!). I dettagli dei dipinti del soffitto sono tutti fatti con lamine d’oro, idem quei pochi mosaici che sono ritornati alla luce dopo che avevano trasformato la vecchia chiesa in moschea. Continuiamo il nostro tour e ci dirigiamo al Gran Bazar che si rivela un po una delusione. Per quanto sia enorme e di impatto, dopo pochi corridoi ci accorgiamo che i banchini si ripetono all’infinito. Non siamo sicuri di aver girato tutto il mercato ma siamo sicuri di aver visto tutte le tipologie di banchini che non sono poi molte: le borse. Gioielli, magliette e scarpe, ninnoli , ricordini e tappeti. Usciti da questo caos infernale Mattia aveva da compiere una missione. Si era portato dietro una maglie della divisa dei pompieri italiani e la voleva scambiare con una di quelli turchi, rimaneva da trovare solo la caserma. Con il nostro turco fluente è stata una barzelletta ( nel vero senso della parola) ed in poche decine di minuti abbiamo raggiunto il distaccamento più vicino. I pompieri famosi per i loro innumerevoli titoli di studio in loro possesso già anche in Italia, non spiccicavano una parola di inglese ma con un pò di gesti ce la siamo cavata lo stesso. Stretta di mano, foto di rito insieme a loro, è proprio vero, i pompieri in tutto il mondo sono una grande famiglia. Prima di continuare il tour ci viene voglia di assaggiare il gelato tipico del luogo che ci aveva consigliato il buon vecchio Armando (turco dentro). Grande spettacolo del gelataio nel preparare i coni con gli attrezzi particolari del mestiere. E’ stato un po’ più costso di quello che pensavamo ma andava sentito per la s ua consistenza e sapore particolare. I monumenti nella zona circostante li avevamo già girati tutti e decidiamo di prendere la tramvia per arrivare sul Bosforo. Scesi dal tram, come se fossimo attratti da un energia misteriosa ci ritroviamo nel bel mezzo delle vie del frucchio. Un intero quartiere con mercatini e negozi dedicati unicamente al frucchio più sfrenato. Dai cacciaviti alle pompe elettriche, dalle pinze ai compressori dai motori elettrici ai giunti elastici. Un negozio in particolare vendeva solo viti in ciotole per gelato… Me ne da un etto?? Quanti gusti vuole?? Brugola e torks, grazie! Adesso ci attende la visita alla torre di Galata con vista spettacolare su tutto lo stretto del bosforo ed una Istanbul a 360°. Da quell’altezza mi caavo abbastanza addosso (scusate l’eufemismo). Le misure di sicurezza su quella terrazza di 40 cm attorno alla torre lasciavano parecchio a desiderare, però… piano piano anche io mi sono fatto tutto il giro. Da li avendo una visuale completa della città si vede quanto ancora in alcune zone sia degradata e decadente. (torre di Galata 12 lire turche a testa). Scendendo verso il mare da viuzze poco frequentate dai turisti veniamo bloccati da un lustra scarpe che non ci lascia andar via e mentre ci “pulisce” le scarpe, ci racconta un pò la storia della sua vita ( tutto in inglese) . Piano piano prendiamo confidenza e ci appassioniamo a quello che ci racconta… stiamo lì con lui più di mezzora, ci offre il the, e chiacchieriamo di molte cose. Ci dice che prima era ricco ed ora è povero, ha tre figli e deve fare questo lavoro per racimolare tre lire (turche). Parliamo del loro e del nostro dio e di quelle che potrebbero essere le speranze comuni. E’ stato veramente un incontro molto particolare e ci siamo salutati con la promessa di pregare l’uno per l’altro. Terminiamo questo momento di serietà per tornare a sparare nuovamente due cavolate. Decidiamo di ritornare alla base senza prendere il trenino.