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N. 6 - Intolleranza

La lunghissima e tormentosa storia della rappresentazione di Dio

di Claudia Menichini

Si può o non si può dipingere il volto di Dio, è arroganza o devozione tentare di farlo? Come possiamo noi umani rappresentare ciò che non si è mai palesato? Siamo in odore di eresia o in profumo di misticismo quando preghiamo davanti a immagini antiche e bellissime di Angeli, Annunciazioni, Natività, ai volti severi di Dio che ci osservano dall’alto delle absidi o a quelli sofferenti di Cristo mentre va sulla Croce? Sono secoli e secoli che l’occidente si interroga su questo tema, e non certo pacificamente.

Già nel 730 l’Imperatore bizantino Leone III Isaurico proibì con un editto il culto delle immagini, pare per contrastare l’accusa di idolatria che i musulmani proferivano contro i cristiani, o forse per aumentare il proprio potere politico. Resta il fatto che l’Impero in quegli anni era veramente pressato dall’avanzata degli Arabi che, approfittando di un periodo di anarchia dell’Impero, assalirono Costantinopoli tentando poi la conquista dell’Europa centrale.

Il patriarca di Costantinopoli Germano si oppose con tutte le sue forze all’editto di Leone III, lanciandone lui uno a sua volta, in cui spiegava la ragione e la forza della rappresentazione sacra con queste parole: «Perché ci sentiamo spinti a rappresentare ciò che è proprio della nostra fede e cioè che Cristo non si è fatto uomo solo apparentemente, come un'ombra (...), ma realmente e veracemente, perfetto in tutto eccetto il peccato che il Nemico ha seminato in noi. In ragione di questa incrollabile fede in Cristo, noi rappresentiamo l'espressione (charaktéra) della sua santa carne sulle icone e a queste tributiamo onore inchinandoci davanti a loro con la dovuta riverenza, perché mediante queste noi veniamo richiamati alla sua incarnazione vivificante e indicibile».

Però alla fine, nonostante l’Editto di Germano e la disapprovazione totale del papaGregorio II, l’Imperatore Leone III, sostenuto dai vescovi dell’Asia Minore, restò fermo nelle sue decisioni, e dette inizio a un periodo di distruzioni e persecuzioni: icone, affreschi e reliquie dei santi furono distrutte e smembrate, e chi si opponeva veniva perseguitato, o destituito e allontanato, e i suoi beni confiscati. Per contrastare la distruzione delle immagini, il Papa convocò nel 731 un sinodo a Roma, in cui decretò che chiunque distruggesse, insultasse o disonorasse le sacre immagini non potesse più ricevere il corpo e il sangue del Signore, per essere infine escluso dalla Chiesa.

Il decreto del Papa però ebbe il solo risultato di inasprire gli Iconoclasti, che spogliarono i monasteri dei loro beni perseguitando i monaci, e arrivarono a torturare e decapitare chi teneva immagini sacre, mentre ai pittori di icone venivano tagliate le mani: ogni sorta di nefandezze fu perpetrato nel nome del Signore!

Fu solo nel 780, quando la reggenza dell’Impero fu assunta da Irene, madre di Costantino VI Porfirogenito, che i rapporti fra chiesa d’Occidente e d’Oriente si ricucirono. Irene ristabilì il culto delle immagini, cosa che venne definitivamente sancita nel II Concilio di Nicea, da lei stessa convocato nel 787.

In questa prospettiva, anche immaginare Dio, l’inimmaginabile per definizione, è un atto creativo che eleva l’uomo dall’ordinario, realizzandone l’intenso bisogno di spiritualità e innalzandone lo spirito al di sopra della gravità terrena e della dura realtà, verso un Oltre che ne illumina il cammino.

I Cristiani hanno usato le immagini fin dall’inizio della loro storia, realizzando i semplici dipinti delle catacombe, le sculture dei sarcofaghi e le