Il problema
L
a ricerca scientifica, quella che si occupa dello sviluppo del singolo uomo e dell'umanità, fin dai tempi
antichi è sempre risultata fondamentale.
Infatti è l’unico metodo grazie al quale siamo in grado di scoprire nuovi macchinari, oggetti, ma soprattutto
nuove cure per malattie rare, malattie genetiche e nella maggior parte dei casi incurabili e terribili da sopportare.
Così descritta la ricerca scientifica sembrerebbe la miglior amica dell’uomo, e così infatti è, ma purtroppo
non è amica in egual modo degli animali.
Il più delle volte la ricerca scientifica con l’ obiettivo di sviluppare cure o farmaci prevede test sugli animali,
in quanto non è possibile far correre gli eventuali rischi a cavie umane.
E’proprio su questo campo di battaglia che scienziati ed animalisti si scontrano da anni, dando vita a grandi
dibattiti che hanno coinvolto anche il mondo politico.
Inizierò fornendo alcuni importanti dati .Le cavie usate nei circa 600 laboratori italiani arrivano quasi al milione, l’80% sono piccoli roditori, solitamente topi o ratti (solamente per la chirurgia sperimentale, per la
cardiochirurgia e in pochissimi casi per la neurofisiologia, vengono utilizzati maiali, anfibi, piccoli ruminanti,
e scimmie).
Topi, ratti e anfibi vengono utilizzati per la ricerca base ovvero per quella praticata soprattutto nelle università e per quella farmacologica, dove i test sugli animali sono obbligatori.
Nei dibattiti sulla questione si parla di frequente di modelli matematici o in vitro, considerati alternativi
all’uso delle cavie.
In realtà non sono metodi del tutto alternativi, ma hanno la funzione di ridurre l’utilizzo degli animali, infatti i test sugli animali sono oltretutto molto costosi e prevedono tempi piuttosto lunghi soprattutto per la
produzione di farmaci, che viene ritardata anche di due o tre anni.
Infatti, le ricerche che prevedono una sperimentazione sugli animali devono seguire accuratamente un protocollo stabilito a livello mondiale. Tutti gli scienziati, vorrebbero trovare un metodo alternativo, in quanto
non è piacevole lavorare sugli animali. Ma per adesso non c’è.
Appare perciò chiaro che almeno un piccolo utilizzo delle cavie è inevitabile, ma le sperimentazioni sono
regolate da precise e severe norme di legge.
Anzitutto ogni ricerca è approvata da un comitato etico che verifica che gli animali siano davvero necessari
e impiegati il meno possibile, che non soffrano e che non siano già stati utilizzati come cavie; stabilisce che il
loro eventuale sacrificio non deve essere cruento.
Inoltre proibisce la vivisezione e impone l’uso di anestesia per gli interventi chirurgici.
Lo scorso agosto, è stata approvata una nuova legge che dovrebbe rappresentare la traduzione delle direttive Ue, allo scopo di uniformare la legislazione italiana a quella degli altri paesi.
Da essa emerge l’obbligo di anestesia per tutti i trattamenti dolorosi, il divieto di trapianti da una specie
all’altra, di usare cavie negli studi su alcool e droghe e infine di allevare cani, gatti e primati per esperimenti.
L’Aisal dichiara che la legge tradotta è molto più restrittiva rispetto a quella descritta dall’Ue e secondo la
comunità scientifica rischia di bloccare la ricerca.
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