Quel che rimane della Transumanza
\\\ PERCHE’ ///
58 / WHY MARCHE
costiera meridionale. La loro funzione
trascendeva la semplice attività pastorale, poichè innescava, nei territori che
toccava, quella che oggi chiameremmo
una rete sociale (non virtuale).
Oggi che l’Appennino si va via via
spopolando, che la pastorizia non è più
un’attività familiare ne redditizia, che
l’allevamento si avvale di avanzate tecnologie, che gli spostamenti di animali
avvengono attraverso i mezzi pesanti,
che ogni transito richiede autorizzazioni obbligatorie e faticose burocrazie,
la Transumanza resiste come stile di
vita e di lavoro in pochissimi territori
e, comunque, non è più la stessa cosa.
Nel peggiore dei casi è solo folklore,
roba per turisti rurali, a beneficio dei
quali si allestiscono brevi ed esotici
itinerari al seguito delle pecore. Mentre, laddove ci sono piccole sacche di
resistenza economica, come nel caso
del territorio ascolano di Roccafluvione e dintorni, ha assunto altre e più
contenute forme. In questi contesti la
Transumanza, attualmente, è divenuta
un’attività territoriale di piccolo raggio,
come testimonia “A passo d’uomo tra
i pastori”, un prezioso documentario a
basso costo realizzato da un gruppo di
giovani film-maker ascolani. Gli spostamenti non sono più lunghi di 20 chilometri e si consumano nell’arco di una
primavera/estate. Si parte dagli stazzi,
situati ad un’altitudine di non più di
500 metri, dove gli animali passano
l’inverno, e si sale fino ai 1500 durante
la bella stagione. Infine, se quello del
pastore era, un tempo, il mestiere dei
padri che diventava quello dei figli,
oggi è percepito come un’attività quasi
umiliante, un lavoro di serie B. E i pastori sono quasi tutti stranieri. Albanesi, macedoni, rumeni.
PAVEL IL PASTORE
Pavel ha 48 anni ed è rumeno. Richiama continuamente e a gran voce il
cane nero che lo affianca, Billy, a fare
il suo lavoro. Sembra avere grande
dimestichezza e confidenza con le
pecore che lo seguono unite verso il
pascolo. E invece è un mese appena
che fa il pastore. “Prima non avevo mai
veramente lavorato”, dice tra il serio e
il faceto, lasciando passare le parole
attraverso un sorriso sghembo, ”tranne
che sotto Ceaucescu”. Sua moglie è
morta tempo fa e sua figlia vive ancora
in Romania. Lui è in giro per l’Europa
da almeno vent’anni.