p o p o lare marchigiana
il corredo…
soddisfacente le proprie figlie, ma ogni famiglia era disposta
ad affrontare enormi sacrifici pur di assicurare alla donna prossima al matrimonio almeno il minimo che richiedeva la sua
posizione sociale perché dal corredo dipendeva la considerazione della famiglia e della ragazza. Tutti i capi del corredo erano segnati su un foglio, la “stima”, che restava presso i genitori
della ragazza per evitare possibili sospetti d’imparzialità tra le
figlie, ognuna delle quali aveva diritto a un trattamento identico; nel caso di una famiglia abbiente la stima era controfirmata da un notaio e conteneva anche l’elenco dei beni immobili
e del denaro lasciato in dote.
Fino agli anni ’50 inoltre vi era un rituale, rispettato scrupolosamente per tener lontana la cattiva sorte, per il trasferimento
del corredo da casa della sposa a quella dello sposo, fissato
alcuni giorni prima della data delle nozze. Protagonista era
il biroccio, tirato a lucido e trainato da buoi ornati da nappe
di lana rossa, fiori e campanelli e condotto dal padre o dal
fratello maggiore della ragazza. Il biroccio trasportava la cassa
nuziale, contenente il corredo, alla quale in seguito si aggiunse il comò, la specchiera, l’armadio, le lenzuola, le federe, “lu
pajaricciu”, cioè il materasso riempito di foglie di granturco.
Dalla cassa, lasciata volutamente semiaperta, fuoriuscivano le
più belle lenzuola ricamate, mentre appoggiate su quella e sul
comò facevano bella mostra le coperte più preziose. Seguivano e precedevano il carro i familiari e due donne, amiche o
sorelle della sposa, che poi si sarebbero occupate anche della
preparazione del letto nuziale, con le ceste di vimini in testa,
contenenti i cuscini ricamati o la toletta con brocca, catino e
vaso da notte. Il suono dei campanelli richiamava la curiosità
di quanti abitavano lungo il tragitto che si avvicinavano per
osservare, valutando l’operato della famiglia e l’abilità di tessitrice, cucitrice e ricamatrice della ragazza.
bici, ago e filo. Così erano confezionate lenzuola di sopra e di
sotto, asciugamani, tovaglie e tovaglioli, copriletti ma anche la
parte del corredo personale della ragazza, biancheria intima,
camicie da notte, vestaglie, scialli, calze, busti e fazzoletti che
venivano poi accuratamente conservati nella grande cassa di
legno, tra naftalina e mazzetti di “spighetta” con altri doni. La
qualità e quantità del corredo variavano secondo la condizione economica e sociale della ragazza: poteva essere da
ventiquattro, dodici, otto, sei o anche quattro pezzi per ogni
tipo; non tutti i genitori erano in grado di “