ritorno alle radici
Dalla voce del Aedo marchigiano.
Intervista a Gastone Pietrucci
Quali percorsi hanno mosso il suo interesse
sul folklore musicale marchigiano?
“Il percorso è stato semplice, nel ’64 andai
alla ‘Festa dei due mondi di Spoleto’ e vidi lo
spettacolo ‘Bella ciao’ a cura di Roberto Leydi
e Filippo Crivelli, non mi resi conto che ciò
mi avrebbe cambiato la vita. Erano canzoni
popolari italiane del canzoniere italiano. Tra gli
interpreti c’erano Giovanna Daffini, Giovanna
Marini, Michele Straniero, e per me fu una
folgorazione. Ho svolto così la mia tesi in ‘letteratura tradizionale marchigiana’, da lì iniziarono
le mie ricerche che continuano ancora, perché
dopo la laurea ho formato un gruppo di canto
popolare e di ricerca, La Macina, così siamo
arrivati ad oggi”.
Come ha svolto la sua ricerca sul campo?
“Dovevo scrivere la tesi ed un mio amico di
Monsano, mi ha detto: «Guarda mio padre è
un contadino, sa tante cose, se vuoi venire…».
Sono andato, quindi, da questo vecchietto che
ha cantato per me 3 ore di seguito. Ho trascritto
i canti, insieme a lui che mi correggeva. Ho
conosciuto poi altre persone, ho iniziato a fare
le rassegne qui nelle Marche sul canto popolare di questua, portando avanti ricerche sulla
Passione, sulla Pasquella, sul Cantamaggio, e
sullo Scacciamarzo. Quindi ero in contatto con
più di mille informatori”.
Quali sono le musiche e le danze tradizionali?
“Il popolo cantava, il primo strumento era la
voce, anche perché non costava, accompagnata da vari strumenti, l’organetto, i violini, la fisarmonica che servivano soprattutto per il ballo, il
salterello, la manfrina, la polca. Il canto toccava
una varietà immensa di argomenti, ad esempio
le ballate raccontavano storie antiche, risalenti
all’età medievale, trasmesse oralmente. Queste
grandi storie servivano alla gente, come oggi i
film. Importante era anche il mondo infantile,
filastrocche, scioglilingua, giochi motori… il
bambino imparava i vocaboli e si divertiva.
Esiste un repertorio incredibile, per esempio
‘l’anatra’ è diventato famoso ed è un canto che
risale al 1400”.
Il canto più antico che lei ha recuperato?
“La ballata più antica documentata è del 1500,
‘Il marito giustiziere’, viene dalla Spagna (‘La
mala mujer’). Lo Scacciamarzo (rito per propiziarsi la buona stagione), ha origine pagana,
così come il Cantamaggio, la Pasquella. La
Chiesa s’è inventata il canto della Passione, nel
1200, sostituendo, così, il canto rituale di questua del Cantamaggio: Cristo come la stagione
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