TBA The White Edition - Issue #03 | Page 9

3 REGARDE WHITE EDITION – Ciao ragazzi! Come descrivereste la vostra musica a una persona che non vi conosce? che volevamo dare all’album, scegliendo di lavorare con Bob Cooper. Bob (se possibile) è forse più malato di pedalini di noi e ha spinto l’idea che avevamo oltre la nostra immaginazione impegnandosi ogni giorno per dare un’identità ad ogni singolo brano. Ciao, grazie mille per lo spazio che ci dedicate con quest’intervista. Solitamente ci piace definirci come “quattro ragazzi felici che scrivono canzoni tristi”, di fatto abbracciamo più sfaccettature del genere che più appassiona tutti, ovvero l’emo/indie/grunge di ispirazione americana anni ’90. – Come pensate che si sia evoluto il vostro sound da Leavers a The Blue and You? Leavers è stato il nostro primo full length, quindi abbiamo cercato di dare un’omogeneità al disco a li- vello di stesura e scrittura delle canzoni nel loro in- sieme, da lì siamo partiti e ci siamo appassionati alla sperimentazione sonora basando intere canzoni sul suono che avevamo creato per scriverle. Per The Blue and You infatti ci siamo armati di “pedalame” vario per creare le atmosfere che avevamo in mente e tutto si è poi sviluppato in maniera relativamente scorre- vole. Questo ha fatto sì che il disco suonasse omoge- neo come contenuto ma vario nella sua complessità. – Il vostro primo album, Leavers, è stato regi- strato in America. Per l’ultimo lavoro, invece, The Blue and You, vi siete recati a Leeds. Come mai avete sempre scelto di registrare fuori dall’Italia? E che differenze avete riscontrato in queste due esperienze all’estero? Il fatto di uscire dall’Italia per registrare è diventa- ta ormai un’abitudine: ci è capitata l’occasione con Leavers e ci siamo affezionati all’idea di staccarci totalmente dalla vita quotidiana per immergerci esclusivamente nell’esperienza della registrazione. Sono state due esperienze simili per questo motivo, ma con un approccio completamente diverso se par- liamo di produzione e recording. A Boston abbiamo avuto la fortuna di collaborare con con Jay Maas, ico- na nell’ambito della scena punk/hc/emo e – visti i suoi precedenti lavori – ci siamo affidati totalmente a lui nella scelta del sound del disco. A Leeds invece siamo arrivati con le idee molto più chiare sul tipo di sound – Teoricamente come nasce una canzone dei Regarde? Tutti cerchiamo di contribuire scrivendo qualcosa. Da quelle bozze a volte nascono brani interi o se ne completano altri, ma generalmente Andrea B porta la canzone strutturata per chitarra nelle sue parti e in- sieme lavoriamo per decidere che mood dare al pez- zo, anche basandosi sulla linea vocale che poi chiu- derà il pezzo; a volte l’idea cambia durante la stesura, ma le cose che vengono più facilmente e velocemente di solito sono quelle che si fissano e funzionano di più in questo modo. Dopo la stesura nascono il testo e la linea melodica di Guido che vanno a completare/ri- specchiare l’atmosfera del pezzo. – Avete qualche aneddoto su questo disco che potete condividere con noi? La cosa bella di questo disco è che ci si rende conto di particolari dello stesso solo una volta che lo si sen- te nella sua interezza. Durante quelle due settimane di studio, lavorando con Bob ci ha svelato un aspetto molto curioso, che potremmo in qualche modo asso- ciare alla figura retorica della sinestesia: quando sen- te un suono/insieme di suoni che per lui risulta molto efficace, lo associa al colore blu, ed è stato un tema frequente durante tutto il periodo visto che abbiamo TBA | 9