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RED EDITION
GAZEBO PENGUINS
– Ciao ragazzi!
Qualche settimana fa avete suonato al comple-
anno della vostra etichetta. 15 anni di To Lose La
Track, 15 anni vostri, farete 15 date e 15 canzoni
in scaletta, quando 15 anni fa avevamo 15 anni in
meno. Il 15 ha sempre fatto parte della storia dei
Gazebo o possiamo dire che è tutto frutto del de-
stino che vi ha portato qui?
– Capra, tu gestisci la tua attività a Rocca Mala-
tina, nell’Appennino modenese, capita spesso che
dei fans vengano a mangiare da te per poterti in-
contrare? Com’è stato passare dall’abitare da un
paese di pianura come Correggio all’isolamento
della montagna? Ti manca a volte la tua Correg-
gio?
Precisazione obbligatoria: sono solo un aiutante, Al-
toforno è una creatura di Agnese, mia moglie. Però
diciamo che sono più là che a casa. E quando sono là
capita che vengano a trovarci fan dei Penguins, e devo
dire che la cosa mi lascia piuttosto basito, e spesso
pure a disagio. Come un incontro fuori contesto, che
non riesco bene a capire. Troppe pare, probabilmen-
te.
Andare in montagna è stata comunque una delle scel-
te più azzeccate della mia vita. Non riuscirei a veder-
mi da nessun’altra parte. Come un habitat che ho co-
vato pian piano, germogliato in profondità, che ad un
certo punto doveva sbocciare.
Di Correggio ho bellissimi ricordi, ma nessuna no-
stalgia.
Diciamo che, una volta che scrivi un pezzo in cui par-
li dei 15 anni passati da quando avevi 15 anni, ti viene
da domandarti se 15 anni dopo i 15 anni dopo i 15 anni
sarai ancora lì a fare canzoni e suonarle davanti a per-
sone che ti sono venute a sentire. Poi succede che ca-
sca l’anno 2020 e ci viene in mente che nel frattempo
15 anni sono passati, sì, ma da quando davanti a una
stalla adibita a sala prove in via Campagnola a Cor-
reggio abbiamo deciso di fare una band. Questa band.
E allora ci pareva il caso, per il momento, di festeggia-
re questi, di 15 anni, di vita assieme. Che comunque,
non sono proprio uno sputo dai.
– Le vostre canzoni hanno nei testi immagini niti-
de che si stampano nella mente degli ascoltatori.
L’argomento ricorrente è la “provincia”. Quanto e
come vive in provincia influisce sulle vostre can-
zoni?
– Com’è cambiato il songwriting e il modo di vive-
re la band negli anni?
Come scriviamo i pezzi non è cambiato così radical-
mente negli anni, se non per tutte quelle facilitazioni
che magari arrivano dal poter registrare robe in casa,
condividere, ascoltare le robe degli altri senza do-
versi per forza beccare di persona, e via. Ci troviamo
più o meno con la stessa regolarità o irregolarità di 10
anni fa, va a periodi, a volte siamo bravi altre volte ci
lasciamo andare. Ma chiaramente le vite si allungano
e volentieri si complicano, e se sulla musica non tieni
costantemente il dito premuto, come nelle tapparel-
le elettriche, non appena lo togli tutto si ferma. Cosa
che ci è capitata, e allora ci vuole il triplo dell’energia
per riallacciare tutto, ripartire, e aprire di nuovo la fi-
nestra. Per ora procede.
Personalmente non ho molti altri metri di paragone.
Ho vissuto poco in città e me ne sono andato piutto-
sto alla svelta. È un po’ come chiedermi: cosa si pro-
va ad avere due gambe e un culo? Non lo so di preci-
so, li ho sempre avuti - e credo che non vorrei farne
a meno. Forse è la stessa cosa della provincia. Tutto
quello che ti gira attorno influisce sulle cose che scri-
vi. Ma anche quello che non ti gira attorno, che leggi
on line, che ti raccontano. Anche quello che non ti ca-
pita in provincia influisce su quello che scrivi. Tutto
quello che è assente, in provincia, influisce.
Ho vissuto praticamente tutta la vita senza mai pre-
occuparmi di trovare parcheggio davanti a casa. Que-
sto sicuramente influisce. Non so in che modo ma ne
sono quasi sicuro.
– Avete visto un’evoluzione nel vostro pubblico?
I fan degli inizi vi seguono ancora? Vedete sotto
palco o nei feedback social nuove generazioni di
adolescenti che ascoltano Legna e reagiscono
nello stesso modo in cui fu accolto quando uscii?
– I Gazebo hanno iniziato la loro carriera cantan-
do in inglese. Chi e come ha proposto il passaggio
all’italiano?
È stato Ivan.
TBA
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