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GREEN EDITION
I TA L I A N S C E N E
mischiare cose diverse, anche incorporando suoni
più aggressivi che in passato erano relegati a generi
particolari.
– Com’è stato il passaggio della scrittura delle
canzoni dall’inglese all’italiano? Credete che sia
cambiato il vostro approccio alla composizione
e ai testi?
– Ma voi rispetto alla scena indie come vi pone-
te? È un ambiente in cui vi piace essere inseriti o
cercate di prenderne un po’ le distanze?
Sem: A livello di sound non credo che questo abbia
influito: avevamo già di base l’idea di fare musica in
italiano con un sound diverso e “futuro”. A livello di
testi, il primo pezzo è stato traumatico perché ovvia-
mente sono due lingue molto diverse. Però una volta
sverginato il primo pezzo in realtà abbiamo notato
che siamo ancora più stimolati.
Stènn: La cosa che ci aveva un po’ delusi dell’acco-
glienza del primo disco era stata proprio il fatto che
nessuno avesse considerato i testi. Per noi invece
erano una parte fondamentale dell’album, per cui è
come se l’album fosse stato analizzato e capito solo a
metà. C’è una sorta di esclusione, come se tu non fos-
si davvero parte del music business italiano se canti
in inglese. Le prime recensioni di magazine impor-
tanti non entravano nemmeno nel merito, per cui era
Stènn: Mah, è un mondo dove ci inseriscono spesso,
anche se secondo me in modo un po’ forzato. Ti dico,
a me non dispiace essere inserito in questa corrente
che secondo me ha tante ottime caratteristiche, però
io di base mi sento pop. Non credo di sembrare Bjork
o un qualcosa che sia per pochi: secondo me la musica
che facciamo è potenzialmente accessibile per tutti.
Sem: Molti addetti ai lavori trattano i nostri pezzi un
po’ come quelli di Bjork, cioè una cosa che non tut-
ti possono capire. È un po’ il contrario di quello che
succede di solito, quando l’artista cerca di essere
quello un po’ alternative mentre le etichette lo vo-
gliono pop. Noi siamo felicemente pop.
TBA
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