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BLUE EDITION
B AY F E S T
quanto io possa essere una persona seria, non sono
serioso, e voglio che questo si rifletta sulla musica.
cosa naturale?
In un certo senso sì, ogni disco è una sorta di foto-
grafia della mia mente nel momento in cui lo scrivo,
quindi per The Dream is Over eravamo stati così in
tour che quando mi sono messo a scriverlo era tut-
to sull’essere in tour perché è quello che stavamo
vivendo. Morbid Stuff l’ho scritto mentre ero in un
momento molto buio in cui cercavo il più possibile di
usare la musica e la band come strumento per uscir-
ne.
– Siete riusciti a convincere un pubblico molto
ampio proveniente da molti generi diversi: i tren-
tenni che ascoltano punk rock, i pop punk kids,
quelli più legati all’emo e anche un pubblico più
indie, come pensi che ci siate riusciti?
Credo che in parte sia dovuto al fatto che noi quat-
tro abbiamo influenze diverse. Non ci siamo prefis-
sati di essere una band punk, non ci siamo prefissati
di esser nulla, l’obiettivo è sempre stato solo di fare
canzoni buone. Quindi è merito degli altri tre ragazzi,
che sono riusciti a metterci il loro e hanno evitato che
sembrasse solo pop punk o emo o altro. A me sembra
una cosa a sé ed è fantastico e sono fortunato a suona-
re con questi ragazzi.
Penso che fare un genere specifico diventi noioso. Io
ero in una band ska e quando fai un solo genere non
ti ritrovi a sperimentare con altro, e c’è solo un tot di
cose che puoi fare prima di arrivare alla fine di quello
che quel genere permette. Non abbiamo mai avuto
alcuna aspettativa sul successo della nostra band, la
– È un modo per affrontare quello che succede
nella tua vita quindi, lo affronti scrivendone.
Sì, è un modo in cui lo affronto. L’altro è suonare
musica divertente con i miei amici, ed è strano come
le due cose funzionino bene insieme, perché scrivo
canzoni tristi e cupe ma poi il punto fondamentale
della band è divertirsi. È una combinazione interes-
sante di oscurità e gioia pura. La band è una cosa mol-
to catartica per me, scrivere quel disco è stato diffi-
cile, ma una volta che abbiamo iniziato a fare quelle
canzoni full band e le abbiamo viste prender forma,
con tutti che davano idee per renderle migliori, ha
iniziato a essere così bello che tutte le cose brutte di
cui parlavo sembravano divertenti e mi è sembrato di
aver fatto mia quell’oscurità. Mi sono sentito a fine
percorso più trionfante che senza speranze; quando
avevo iniziato a scriverlo mi sentivo così, come se
non avessi potuto fare niente altro, come se per me
quella fosse la fine.
– Dare rilevanza a questi temi è importante,
parlarne apertamente è di sicuro d’aiuto anche
per il pubblico che magari sta affrontando diffi-
coltà simili.
Sì, è importante avere un dialogo aperto e poterne
parlarne apertamente. Volevo davvero che il disco
lo permettesse. Al tempo stesso, non volevo fosse un
disco emo, non volevo suonare lamentoso, perché in
realtà non ho molto di cui lamentarmi, sono un ra-
gazzo fortunato. Volevo esprimere come mi sentivo
senza essere lamentoso, lo tenevo a mente scrivendo
e, quando ci abbiamo lavorato come band e le abbia-
mo registrate, chiedevo sempre agli altri se sembrava
che lo fossi o se sembrava che mi stessi prendendo in
giro. Ho sempre voluto prendermi in giro, perché per
TBA
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