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FOCUS
laici, ha sollevato le solite polemiche da parte di chi vuole trovare un nuovo pretesto per criticare pubblicamente i vescovi, ma ha suscitato in molti anche la domanda se non poteva essere trovata una soluzione diversa, che salvaguardasse il bene della Messa, almeno nei giorni feriali, come ha sottolineato il Patriarca di Venezia, quando le chiese sono frequentate da un numero ridotto di fedeli ed è certamente possibile che si dispongano a un metro l’uno dall’altro, come prevede l’ordinanza governativa».
In un primo momento anche Suetta conveniva su questa possibilità.
Poi ha capito di trovarsi di fronte ad un problema molto serio soprattutto per la “novità” di questo virus. Pertanto serve limitare il contagio «e il modo migliore è sicuramente quello di evitare il più possibile contatti e prossimità. Una siffatta linea di condotta ha portato inevitabilmente a considerare anche le situazioni di concentrazione di persone nelle chiese per la celebrazione della liturgia e per la preghiera [...]».
L'arcivescovo ha «ribadito ai sacerdoti l’opportunità e il dovere di celebrare ogni giorno la Santa Messa, facendolo sapere ai fedeli, non perché vi partecipino, ma affinché si uniscano spiritualmente con la preghiera, aiutati anche dalla trasmissione in TV, in radio o sui social di Sante Messe o altre preghiere».
L'arcivescovo ha elencato alcune misure chieste ai sacerdoti, chiarendo che trova «eccessive le polemiche in quanto la Chiesa non rinuncia alla Santa Messa, che incessantemente viene celebrata per la sua edificazione e per la salvezza di tutti; la mancata partecipazione fisica dei fedeli dovuta alla necessità contingente può e deve essere colmata dalla loro preghiera, dal ricorso alla Comunione spirituale, dalla disponibilità dei sacerdoti all’incontro personale e soprattutto dalla convinzione che il valore del Sacrificio di Cristo offerto sull’altare ha efficacia e dona frutti anche nella impossibilità, eccezionale e involontaria, di prendervi parte».
Monsignor Suetta spiega, facendo riferimento ai testi conciliari, (Sacrosanctum Concilium, 7, 4 dicembre 1963) il vero significato della Messa, «che ha valore infinito, universale, pieno ed efficace in se stessa, per quello che custodisce e celebra, e non in dipendenza dalle circostanze, anche preziose e significative come la presenza e la partecipazione materiale del popolo cristiano».
Tuttavia per Suetta, «Si può dunque discutere sull’opportunità pedagogica di non privare i fedeli della partecipazione fisica alla Santa Messa, ma non si può dire che la Chiesa rimanga senza Eucaristia e neppure che i fedeli siano impediti ad una «fruttuosa e attiva partecipazione» in quanto, in questa circostanza grave ed eccezionale, possono e devono unirsi mediante la fede e la preghiera».
Inoltre è fondamentale per l'arcivescovo che in questo grave momento, i pastori e i fedeli devono recuperare quelle riflessioni di fede, «che consideri alcune tematiche oggi spesso dimenticate come il mistero del male, la assurda presunzione dell’autosufficienza umana, la provvidenza di Dio, la forza e il valore della preghiera, la gioia di formare un solo corpo nella Chiesa di Gesù e, non ultima, una riflessione sulla organizzazione della vita politica e sociale esaminando con rinnovata e coraggiosa attenzione i criteri che vengono posti a fondamento di essa». Infine l'arcivescovo chiarisce la questione sul divieto di celebrazione della Messa e di accesso ai sacramenti. Ribadisce che le chiese non sono chiuse e i fedeli non sono affatto privati del conforto della fede e dei sacramenti. Ribadisco - ha detto Suetta - che la celebrazione quotidiana della Santa Messa, garantita dai vescovi e dai sacerdoti per il popolo e “con” il popolo anche se senza il popolo, è la nostra grande risorsa spirituale, il baluardo contro il male, la speranza più sicura che il male sarà sempre sconfitto».
DOMENICO BONVEGNA