MEMORIE DI PENNA IGNOTA
Tradotto e trascritto a macchina
(con nota intromissiva dell'autore)
Provo penne vecchie da finire, anche perché ho voglia di
scrivere.
Questa mattina ho passato ore a pensare ad uno scrittore,
almeno tre secondi, prima di riperdermi nei vortici attorno al
mio pensiero.
Tornato serio riprendo il racconto di questa penna vecchia e
rosicchiata ma soddisfatta della sua vita degna di nota. Ha
collaborato con svariate persone o, almeno, con una loro
parte. Prima di arrivare tra le mani di chi la impugna in questo
momento era impiegata in un ufficio. Quanta noia! Utilizzata
poco e niente perché la gente usa il pc.
Adesso è contenta, nonostante l'artrite, di versare inchiostro
sopra il foglio, comporre parole, lavorare senza sosta ad un
racconto che conosce solo lei.
La storia di questa penna è molto lunga: nata da rispettabile
famiglia di grandi tradizioni e assemblata in varie fabbriche
cinesi, alcuni suoi antenati erano petrolio, cresciuto tra incesti
in pozze profondissime, mentre da parte di madre compaiono
vari schizzi di inchiostri naturali uniti in matrimoni di
convenienza.
La penna che ora scrive è cresciuta tra rigide regole, ligia al
dovere e senza distrazioni ed è stata addestrata al suo scopo
già in tenera età come una bambina sottomessa a un
invincibile destino.
Le emozioni dell'infanzia sono poche e rare prima della
deportazione, stretta in gabbie di cartone assieme ad individui
tutti uguali e numerati, caricati in un container e spediti con la
nave verso il vecchio continente.
In quella migrazione forzata, durissima da affrontare, ha visto
la sua famiglia sparire in vari discount, centri commerciali e
altri luoghi dedicati allo scambio di servizi tra persone. Ricorda
bene le umiliazioni, i mesi di polvere e privazioni sopra uno
scaffale, a mostrare il proprio corpo come merce con il prezzo
ben in vista, costretta a competere per sopravvivere.