StraNo numero Zeta | Page 35

MEMORIE DI PENNA IGNOTA Tradotto e trascritto a macchina (con nota intromissiva dell'autore) Provo penne vecchie da finire, anche perché ho voglia di scrivere. Questa mattina ho passato ore a pensare ad uno scrittore, almeno tre secondi, prima di riperdermi nei vortici attorno al mio pensiero. Tornato serio riprendo il racconto di questa penna vecchia e rosicchiata ma soddisfatta della sua vita degna di nota. Ha collaborato con svariate persone o, almeno, con una loro parte. Prima di arrivare tra le mani di chi la impugna in questo momento era impiegata in un ufficio. Quanta noia! Utilizzata poco e niente perché la gente usa il pc. Adesso è contenta, nonostante l'artrite, di versare inchiostro sopra il foglio, comporre parole, lavorare senza sosta ad un racconto che conosce solo lei. La storia di questa penna è molto lunga: nata da rispettabile famiglia di grandi tradizioni e assemblata in varie fabbriche cinesi, alcuni suoi antenati erano petrolio, cresciuto tra incesti in pozze profondissime, mentre da parte di madre compaiono vari schizzi di inchiostri naturali uniti in matrimoni di convenienza. La penna che ora scrive è cresciuta tra rigide regole, ligia al dovere e senza distrazioni ed è stata addestrata al suo scopo già in tenera età come una bambina sottomessa a un invincibile destino. Le emozioni dell'infanzia sono poche e rare prima della deportazione, stretta in gabbie di cartone assieme ad individui tutti uguali e numerati, caricati in un container e spediti con la nave verso il vecchio continente. In quella migrazione forzata, durissima da affrontare, ha visto la sua famiglia sparire in vari discount, centri commerciali e altri luoghi dedicati allo scambio di servizi tra persone. Ricorda bene le umiliazioni, i mesi di polvere e privazioni sopra uno scaffale, a mostrare il proprio corpo come merce con il prezzo ben in vista, costretta a competere per sopravvivere.