senili, siano essi vecchi gaudenti o poveri vecchi decrepiti, sempre colti con grande acutezza psicologica. Ma il capolavoro del Gilardi, l’Hodie tibi cras mihi,
oggi alla Galleria d’Arte Moderna di Torino, è ancora al di là da venire. Verrà
infatti dipinto quattro anni dopo. Tuttavia l’affresco varallese ne è un’ideale
premessa. Qui ci sono vecchi frati dolenti in un clima raccolto e devoto, e costituiscono non un elemento di divagazione, come in vari altri casi, ma di mistico e
devoto racco- glimento, di compartecipazione. Anche i toni cromatici smorzati,
dominati dal marrone delle tonache e dei pochi arredi, lo favoriscono.
Particolari dell’affresco
La figura centrale di Francesco, distesa a terra da destra a sinistra, quasi un riscontro voluto o casuale, del Cristo deposto nella sindone, emerge dalla penombra nel candore trasfigurato del suo corpo emaciato, del candido lenzuolo in
parte sciorinato sul pavimento, investito dai raggi di luce che piovono dal cielo.
Ma l’occhio del pittore, sempre attento alla realtà delle cose, non rinunzia a
qualche descrizione ambientale, a qualche oggetto, a qualche brano di natura
morta, come sua caratteristica inconfondibile a completare il soggetto. Si noti in
particolare in primo piano il prezioso volume casualmente squadernato a terra,
in cui fanno capolino i fogli miniati. Per rinnovare la decorazione è importante la testimonianza fornita dalle guide del 1880 e del 1881, in cui si dice che
“un operaio stava…scalpellando le antiche pitture esistenti sulla volta del portico nell’angolo in cui sorge l’altare di San Francesco d’Assisi e ricoprendolo
di uno strato di calce a fine di prepararlo per gli ornati in affresco eseguiti dal
valente pittore Bonini Varallese ed il quadro pure ad affresco rappresentante la
morte del Santo Patriarca che si deve al distinto pennello del Gilardi di Campertogno.” Penso si tratti delle ormai fatiscenti decorazioni di Francesco Leva.
L’affresco, eseguito nel giro di poche settimane, reca in basso con la firma la data
8 ottobre 1880, che ci documenta con voluta esattezza anche sul mese di compimento dell’opera. Il Gilardi infatti si sarà recato sul Monte a fare il sopralluogo
nel mese di giugno, avrà poi preparato a Campertogno il bozzetto o il disegno
preparatorio dell’affresco, già presso la famiglia Durio, passato in seguito ad altri
proprietari, e prima del ritorno a Torino per riprendere le lezioni all’Accademia, avrà compiuto il lavoro. A completare la decorazione della piccola cappella
il Gilardi affresca anche la cupoletta dell’antistante campata angolare del portico con Angioletti, oggi in gran parte perduti, rinfrescando o ridipingendo, o
facendo rinfrescare e ridipingere dal suo aiutante e collaboratore varallese Andrea Bonini nei quattro spicchi gli stemmi degli Scarognini e dei d’Adda, come
auspicato dal marchese, geloso di mantenere visibili le insegne gentilizie del suo
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