sinistra, cioè dal lato del vangelo secondo la vecchia liturgia, Emiliano Scarognini, come era logico, essendo stato il mecenate della cappella, ed il B. Candido
Ranzio “benchè dalla tramontana ed antichità smarrito”. Avrà avuto ragione il
Gasparino o il Fassola? Se era ormai quasi irriconoscibile, in mancanza di una
didascalia decifrabile, era assai incerta una identificazione. Il Ranzio però era
stato il successore del Caimi e continuatore dell’impresa sul “super parietem”
insieme allo Scarognini, per cui può essere attendibile la sua raffigurazione. Sul
lato di destra, cioè dell’epistola, il Fassola ricorda la moglie di Emiliano Scarognini (Antoniola de Ferino di Intra), il figlio (Giacomo) ed il B. Bernardino Caimi. Non cita invece né Sant’Antonio da Padova, né Sant’Elena fuori dal
cancello di ferro e quindi quasi certamente sulle due imposte esterne dell’arco,
né la piccola vetrata, né il medaglioncino della Natività nel paliotto dell’altare.
Più sbrigativo ancora sarà il Torrotti limitandosi a ricordare “da un canto il
ritratto del S. Milano Scarognino, e quello del B. Candido Ranzo, e dall’altro
quello del B. Bernardino e famiglia di Milano”, quasi certamente genuflessi e
presentati dai due Beati a San Francesco nella pala dell’altare.
Queste elencazioni del Fassola e del Torrotti saranno poi riprese da varie guide lungo tutto il Settecento. Il Bordiga invece nell’Ottocento si rifarà al testo
del Gasparino, ingenerando una comprensibile confusione, che non può venir
risolta con i dati di cui disponiamo.
Ma ormai dopo il Torrotti mancava poco alla cancellazione di tutti i malandati dipinti, attorno al 1700-1703, con il rifacimento del portichetto e della
decorazione pittorica del sacello per opera del milanese Francesco Leva, come
ricordano le varie guide del Settecento e dei secoli seguenti.
Scomparsa così una pagina di raro interesse nella storia del Sacro Monte,
una testimonianza documentaria, che non si può più ricostruire con certezza
riguardo alle figure dei vari personaggi rappresentati, ma anche un capitolo assai
importante nella sequenza e nello sviluppo dell’attività artistica di Gaudenzio.
Sopravviverà invece con varie vicende la pala, posta originariamente sull’altare,
con le Stigmate di San Francesco, ora nella Pinacoteca di Varallo.
La Cappella e la pala di San Francesco che riceve le stigmate
La collocazione sull’altare del sacello alla sinistra del Santo Sepolcro dell’ancona con le Stigmate di San Francesco attorno al 1517, viene ad evidenziare e
quasi a dichiarare in modo definitivo ed inequivocabile la dedicazione del piccolo oratorio al Poverello d’Assisi.
La tavola, centinata, simile ad una grande lunetta, occupando quasi intera610
Cappella - 42