mancante di una vera unità corale. Le figure femminili rivelano un’esecuzione accurata, accademicamente corretta nell’ambito dell’imperante tradizione
canoviana; quasi un omaggio al grande maestro scomparso proprio nel 1822.
Esse si rivelano assai più felici ed aggraziate rispetto a quella maschile di estrema
destra, stonata ed impacciata, tanto da creare uno stridente contrasto.
Ciò nonostante il gruppo, contraddistinto da una decisa innovazione di tendenza nettamente neoclassica, costituisce l’apporto più importante in campo
scultoreo di tutto l’Ottocento sul Sacro Monte.
In ambito varallese l’opera dovette trovare un discreto favore, tanto che, dieci anni dopo, Luigi Marchesi venne richiesto per l’esecuzione del busto marmoreo di Gaudenzio Bordiga, il primo in ordine cronologico di tutta la serie dei
Valsesiani benemeriti, che ornano il salone della Società d’Incoraggiamento allo
Studio del Disegno. Esso fu anche una grossa novità essendo il primo esemplare
di scultura in marmo in tutta la città di Varallo, che nei decenni successivi si
sarebbe arricchita di tante altre pregevoli opere marmoree.
Gli affreschi di Pier Celestino Gilardi
A differenza di quasi tutte le altre cappelle dotate fin dai primi anni di famosi
cicli pittorici, quella di Gesù avvolto nella Sindone rimase per secoli senza dipinti
parietali a completare e dilatare la scena in scultura. Infatti solo nella Grotta di
Betlemme l’Adorazione dei pastori non presenta delle pitture, raffigurando una
grotta, mentre invece la nicchia della Natività era dipinta di azzurro (ancora in
parte visibile una trentina di anni or sono) ad imitazione del mosaico dello stesso colore che nella Basilica della Natività di Betlemme rivestiva la piccola abside.
Qui al Sacro Monte già il Fassola nel 1671 specifica che la cappella di Gesù deposto nel sudario era “senza pittura alcuna”, quasi ad evidenziarne l’anomalia.
Tutti gli altri successivi compilatori di guide mai accennano a dei dipinti.
Solo il Bordiga nel 1830 scrive che “L’interno finge una piccola grotta”. Ma
si riferisce alla struttura irregolare del vano o ad una vera decorazione imitante
delle rocce? In questo secondo caso verrebbe da supporre che due o tre anni
prima il Boccioloni, od un suo aiuto, quando dipinse le statue, avesse sommariamente colorito le pareti ad imitazione di una grotta, tanto per non lasciarle
squallide e spoglie. Una trentina di anni dopo però (1857—1863) la guida del
Cusa e più tardi ancora quella del 1880 e le sue ristampe, nella raffigurazione
della cappella presentano uno sfondo raffigurante la grande roccia del Sepolcro
al centro ed una veduta di Gerusalemme verso sinistra. Nel 1913 il Romerio
nell’ illustrare la cappella scrive: “Gli affreschi riproducenti Gerusalemme sono del
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