profondità, ombre, vaporosi volumi. Veramente Gaudenzio vi ha saputo rendere in modo efficacissimo e clamoroso la reazione delle forze della natura al dramma del Calvario.
Sul candore delle nubi, solo qua e là aperto su squarci di cielo azzurro, prorompono in vortici tormentati, nelle pose più varie, negli scorci più arditi, nei colori più vivi gli angeli( diciotto ne contarono il Bordiga e il Pianazzi), dilatati nei loro ampi mantelli, gonfi di aria nei gorghi avviluppati e torniti delle loro vesti mosse dal turbine impetuoso, nello sparpagliarsi dei loro ricciuti capelli biondi, nella struggente sofferenza dei loro gesti, nell’ espressione intensissima del loro sgomento. Sono figure indimenticabili, già ammiratissime dal Lomazzo nel tardo Cinquecento, ed hanno tutte l’ aria di Paradiso. La loro schiera sboccia con gli angeli eretti, in pose calme meditabonde, dall’ espressione sofferente, sui peducci della volta al di sopra del pilastro centrale, per espandersi da lì, percorrendo in lungo e in largo la vastità del cielo su tutta la curvatura della volta. Arditissimo e sconvolgente è l’ angelo che par volare in picchiata, coprendosi il volto per il dolore; sorprendente quello che emerge candido sul candore delle nubi. Sono brani di altissima poesia drammatica, di altissima sapienza ed esperienza cromatica. È l’ ora delle tenebre, della morte del Figlio di Dio. In improvviso contrasto con le figure angeliche, imprevista e drammatica è la comparsa tra loro del demonio, involuto, violento, stridente accostamento, accentuato anche dal punto di vista stilistico per le sembianze smagrite ed arcaiche, ossute e irsute, riprese certamente da xilografie nordiche svizzero-tedesche.
Gaudenzio riesce così ad imprimere a tutto il mondo ultraterreno il senso dello sgomento, dello sconcerto, del dramma che investe tutto il creato.
Anche in campo figurativo qui il maestro impartisce una lezione grande e fondamentale per i futuri cicli varallesi del Morazzone e del Gherardini, nel primo Seicento, con i cicli della Salita al Calvario, dell’ Inchiodazione e della Deposizione, scene pure raffigurate in spazi aperti.
Più in basso, qua e là, dietro e al di sopra della siepe umana, compaiono brani superbi di scorci panoramici, di natura idillica, di poetici, verdeggianti paesaggi valsesiani. È una sensibilità nuova, è il captare la bellezza del mondo creato, è un aprirsi precoce alla pittura che s’ incanta di fronte alla natura e al suo silenzioso messaggio. Lo spunto può esser partito dagli sfondi ariosi ed amplissimi dei dipinti del Perugino. Là erano paesaggi ideali, qui invece sono colti direttamente dalla realtà locale. Qualche scorcio, qualche squarcio paesistico era già comparso in alcuni episodi della gaudenziana parete divisoria in S. Maria delle Grazie, ma erano brevi sfondi di completamento delle scene( Natività, Adorazione dei
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