di Palazzo Medici Riccardi a Firenze, affrescata da Benozzo Gozzoli con la Cavalcata dei Magi (1459-60), che si snoda soltanto lungo le pareti, sotto un soffitto a
cassettoni, con la presenza dell’altare e degli stalli lignei del coro in più.
Solo uno spunto felice, solo un anticipo geniale può venire dall’ambiente
leonardesco lombardo con la famosa Sala delle Assi nel Castello Sforzesco di
Milano, così detta per lo steccato di legno – un alto zoccolo – che pare rivestisse, in basso, tutt’attorno, le pareti, dipinte da Leonardo verso il 1497. La sua
decorazione, estesa a tutta la superficie, volta e pareti, raffigura delle querce che
stendono le loro fronde a rivestire la volta, lasciando intravedere negli interstizi
l’azzurro del cielo e creando così l’illusione di un pergolato di verzura. Si tratta
dunque della prima composizione di un affresco unitario, completo, ininterrotto, coinvolgente un’intera sala, con l’effetto di annullare la struttura muraria ed
i limiti spaziali.
Poco più di vent’anni dopo Gaudenzio fa un balzo ardito, sorprendente in
questa direzione. Da quel suggerimento limitato al mondo vegetale trapassa ad
uno spazio totalmente aperto, che si spalanca con l’immensità del cielo, animato da nubi e gruppi di angeli e che sostituisce all’assito delle pareti ed ai fusti di
quercia il coro degli astanti, vera siepe umana, la più potente, la più varia, la più
carica di sentimenti, che ci avvolge snodandosi lungo tutti e quattro i muri.
Ed anche per la volta, se si vuole cercare qualche lontano precorrimento, bisogna risalire al Mantegna, alla Camera picta, la famosa Camera degli sposi (147274), del palazzo gonzaghesco di Mantova, col celebre occhio, o lucernario centrale, dipinto ad affresco, che illusoriamente sfonda la volta per spalancarsi verso
il cielo. Ma è solo un punto di partenza, un avvio, un piccolo spunto, perché si
tratta di un’apertura limitata nel contesto della sala, anzi della volta stessa.
Sul Sacro Monte, nella estesa, ininterrotta superficie interna delle pareti (la
loro vastità non è stata finora mai calcolata in metri quadrati, ma sarebbe significativo ed interessante conoscerli) il pittore sfodera tutta la sua traboccante creatività, la sua fervida fantasia, la sua capacità rara di dominare con naturalezza
lo spazio, ad iniziare dall’alto, dalle volte, punto di partenza per la realizzazione
di una composizione ad affresco, al contrario del riguardante che vi poserà gli
occhi solo alla fine.
Tutte le ampie superfici curvilinee, trasfigurate nella calotta celeste, sono percorse da nubi chiare e dense, che si accavallano cariche, quasi tumultuanti, come
al sopraggiungere di un temporale estivo. Sono arditi bianchi su bianchi d’uno
straordinario effetto, ottenuti con la stessa stesura naturale dell’intonaco, solo sapientemente ricoperti in parte da velature più o meno accentuate a creare riflessi,
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