varie tappe della via dolorosa, di mistero in mistero, non solo come spettatori
anonimi, ma per lo più con ruoli importanti e ben definiti.
Così il vecchio dalla testa pelata, di chiara derivazione leonardesca (Stefano
Scotto, maestro di Gaudenzio, secondo il Butler, un contadino per Marziano
Bernardi), già compare in stazioni precedenti, come nell’Hecce homo di Giovanni d’Enrico, anche là all’estrema sinistra della composizione, come spettatore, ultimo arrivato e fermatosi quasi sull’uscio, elemento di congiunzione tra
le figure scolpite ed i pellegrini veri. Così, la figura impressionante e tanto caratteristica del gozzuto sarà ripresa e fissata dal Tabacchetti nella Salita al Calvario
nell’atto violento ed indimenticabile di sollevare il bastone a percuotere Gesù.
Così il soldato col grande e vistosissimo scudo, contraddistinto da un nasone
marcatamente aquilino, che si gioca la veste di Gesù con altri manigoldi, spicca
anche tra le statue del Tabacchetti nella Salita al Calvario, mentre sferra un poderoso calcio a Gesù caduto sotto la croce. Così avviene anche per il centurione
a cavallo, che compare tanto nella Salita al Calvario, che nell’Inchiodazione,
così avviene per altri militari e per alcune pie donne.
Dunque le statue gaudenziane della cappella del Cristo in croce sono state il
modello diretto, gli esemplari scelti e voluti per numerose altre figure modellate
a distanza di molti decenni da scultori di grande valore, di due generazioni più
giovani di Gaudenzio in un clima artistico, figurativo, storico ed anche religioso
ormai profondamente mutato con la riforma cattolica post tridentina. Molti altri elementi, molti altri particolari meriterebbero di essere presi in considerazione ad incominciare dalle spettacolari, fastosissime armature, più di parata che di
vero uso pratico, militare. Si vede, si sente fortissimo l’influsso, il clima milanese,
nella capitale del Ducato, famosa per la produzione delle armi in tutta Europa.
Potrebbe bastare, oltre agli elmi dai fantasiosi cimieri già citati, l’appariscente
scudo di parata che esibisce lo sgherro che gioca ai dadi in primissimo piano la
veste di Gesù, proprio al centro del complesso statuario. Campeggia nello spazio
centrale un leone rampante, che fa subito pensare ad uno stemma di qualche
potente casata, essendo il leone l’animale araldico più diffuso. Ma non trovo
tra le poche famiglie valsesiane di particolare prestigio nei primi decenni del
Cinquecento, ad iniziare dagli Scarognini, nessuna che alzasse nella sua arma un
leone rampante.fra le casate più in vista in Piemonte, considerando che Giovanni Antonio Scarognini (l’ultimo della celebre famiglia varallese) aveva sposato
Dorotea Ferrero, del ramo che darà origine ai marchesi della Marmora. Queste
nozze però dovettero presumibilmente avvenire qualche anno dopo l’esecuzione del ciclo scultoreo e pittorico della cappella. Ed è per altro discutibile che un
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