e la supervisione del d’Enrico, o forse addirittura secondo un suo disegno.
Si differenziano, o per esigenze sceniche più complesse, o per la ricerca di impostazioni più ardite, allo scopo di sorprendere, attrarre e coinvolgere con soluzioni nuove ed impreviste, solo l’Ecce Homo, articolato su due piani, la Prima e la
Seconda presentazione a Pilato, impostate in profondità e la Cattura, sviluppata
in larghezza secondo un andamento frontale.
Qui, nell’Inchiodazione alla croce, il regista geniale e smaliziato da tante precedenti esperienze, imposta la scena con ampio respiro nel vasto spazio dell’aula, distribuendo gruppi e figure in modo sparso, quasi ognuno vivesse e operasse
con autonomia, con un intenso brulicare di azioni indipendenti.
Quest’assenza a prima vista di unità corale, accentua l’effetto di tumultuoso
disordine, di azioni istantanee, addensando, or qua, or là, i vari gruppi, più o
meno fitti, e creando così molteplici punti di attrazione e di coinvolgimento: i
cavalieri, i soldati schierati, i due ladroni, le pie donne, le trepide madri, il Cristo
stesso steso sulla croce, non al centro dello spazio, i bambini che si intrattengono
con il cane, come già suggerito negli ordini impartiti per iscritto allo statuario e
come già felicemente sperimentato in altri misteri, quasi a smorzare in parte con
la loro presenza in primo piano la crudezza dell’azione ed a richiamare pure la
predilezione di Gesù per i fanciulli.
In realtà, nonostante quest’impressione, tutto è sottilmente coordinato con
rara sapienza registica entro un vasto anfiteatro di creature umane e di animali
(cavalli e cani) attorno all’evento fondamentale col Cristo ormai disteso a terra
sul legno della croce. Verso questo punto focale primario si svolgono delle azioni più periferiche, con tutt’attorno i gruppi equestri, mai così numerosi nelle
altre cappelle, alcuni di soldati, altri di personaggi già incontrati nel mistero precedente, realizzato dal Tabacchetti, per dare perfetta continuità al susseguirsi
ininterrotto degli episodi.
Bisogna però tenere ben presente che il d’Enrico aveva fatto giungere alla
cappella i pellegrini attraverso la lunga scalea posta all’estrema destra della facciata.
Così il primo impatto, il primo contatto diretto con il nuovo mistero, che
doveva dare il tono a tutta la drammatica azione, era costituito, proprio nella
parte più a destra, dal folto gruppo delle madri dolenti e della Vergine che cade
in ginocchio affranta, sorretta dalle pie donne, certo ricordo concreto e tributo
doveroso all’appena eliminata cappella dello Spasimo, o della Madonna tramortita.
In tal modo si veniva a creare il clima pieno di pathos per una partecipazio498
Cappella - 37