Il ciclo pittorico del Morazzone
È presumibile che già da questa prima impresa varallese il Morazzone abbia
assunto come aiutante ed apprendista il giovane Cristoforo Martinolio di Roccapietra, allora forse sui quattordici/quindici anni, che sarà sostanzialmente l’unico vero allievo del Morazzone e che sarà noto come pittore in area valsesiana
e novarese come “il Rocca” dal suo paese natale.
Il compito per il maestro varesotto era di particolare impegno e responsabilità per varie ragioni: la prima che doveva subentrare ad un pittore più anziano di
lui e che era stato giudicato negativamente. Si trattava poi di un’opera di grande
respiro spaziale, da dominare ed orchestrare in perfetta sintonia con il popolo
di statue antistanti ed in ideale continuità con gli affreschi di Gaudenzio sotto
l’attenta sorveglianza dei fabbriceri ed il controllo del Vescovo di Novara. Era la
più vasta impresa pittorica del Sacro Monte dopo i due cicli della Crocifissione e
dei Magi, a cui era tenuto per contratto ad adeguarsi, e dopo quello più recente
della Strage degli Innocenti.
Nelle due imprese successive il compito gli sarà facilitato, sia dall’aver superalo l’incognita della prima prova, sia dalla grossa esperienza fatta, sia poi dal punto di vista strettamente figurativo dalla ideazione del sottofondo architettonico
richiesto dal contesto narrativo, con un cortile e con un atrio coperto nei quali
distribuire i gruppi tumultuanti di figure.
Qui, nella Salita al Calvario invece il pittore si trova di fronte al vuoto assoluto, ad una volta e a tre pareti nude; non ci sono e non si possono creare dei
supporti architettonici. Tutto è da inventare, come per Gaudenzio nella Crocifissione e nei Magi cielo, sfondo di paesaggio, folla agitata e tumultuante.
Un notevole aiuto gli viene dal dover rappresentare nell’ampio spazio del
cielo le tre scene bibliche volute da monsignor Bascapè: la prima con Abramo ed
Isacco che porta la legna per il sacrificio: la seconda con Re Abimelech che reca sulle
spalle un grosso tronco d’albero: la terza con I due esploratori che ritornano dalla
Terra Promessa carichi di un grosso grappolo d’uva; tre chiarissimi riferimenti
scritturali al Cristo che porta la Croce verso il Calvario.
È la prima volta che ciò avviene nel contesto del Sacro Monte, ed è anche
questo un grosso primato della cappella, un punto d’avvio nello sviluppo della
catechesi figurativa.
Prima, nel secolo precedente, solo in due casi: nell’attuale Annunciazione e
nell’attuale Visitazione, erano stati raffigurati dei profeti, reggenti in mano dei
filatteri con scritte tratte dall’Antico Testamento in relazione con i soggetti allora rappresentati in quelle due cappelle. Ma ora il Bascapè, in piena stagione
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