so dedicato a questo mistero: “Rivolto a dietro in una chiesa nera”, cioè, non
proseguendo il cammino da oriente verso occidente, dopo la Coronazione di
spine, come potrebbe apparire ovvio, ma ritornando invece all’indietro di pochi
passi, entrando così nella cappella attraverso la porta, in seguito otturata, della
facciata posteriore.
Quindi la Cattura non poteva trovarsi che nel vano rivolto verso occidente
(attuale atrio della Tentazione), e, infatti, vi si giungeva dalla Grotta dell’agonia,
posta originariamente nella valle di Giosafat.
Per completezza ricorderò che la Cattura occuperà quell’ambiente per non
molto tempo: una trentina d’anni soltanto, cioè fino a quando verso il 1540
verrà trasferita, in una nuova cappella sull’attuale Piazza Maggiore, ove ora si
trova l’Ultima Cena.
Il trasferimento potè essere attuato in seguito alle elargizioni di Don Alfonso
d’Avalos, governatore di Milano, salito al Sacro Monte nell’Aprile del 1538.
Il vano della Cattura restava quindi vuoto per circa un trentennio, fino a
quando venne occupato dalla prima redazione della Tentazione.
Chiarito così dove si trovava l’originaria sede della Cattura e della Salita al
Calvario, è ancora possibile rendersi conto di com’era stato realizzato figurativamente quest’ultimo mistero?
La raffigurazione originaria
La guida del 1513-14 fornisce una descrizione abbastanza efficace della scena
sacra di Gesù che porta la croce, o Salita al Calvario, mettendo in evidenza lo
spasimo della Madonna “pasmata del caro figliolo” nel vederlo circondato da una
“turbaria”, mentre porta la croce con acerbo, amaro dolore “con amare, duolo
“ ed invita tutti a piangere anche solo nel vedere “di Jesu il grave stola” (strazio,
sofferenza), caduto a terra “con lacerata faza”, con la Vergine a lato trattenuta, o
sorretta per le braccia “irata per le braza” (capitolo XIII).
Dunque il mistero rappresentava non solo Gesù che porta la croce, ma con
più coinvolgente effetto drammatico, il momento in cui cade sotto il peso della
croce, con la Madonna che assiste alla tragedia, sorretta probabilmente da Giovanni o dalla Maddalena.
La guida del 1566 descrive invece la composizione con notevoli varianti, almeno a prima vista, rispetto a quella del 1513-14.
Essa, infatti, dice (Capitolo 26°):
“Con la croce aite spaile ine animata
Christo vedrai; in mezzo all’empia schiera
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Cappella - 36