Storia del Sacro Monte di Varallo | Page 436

Ne risulta in conclusione con chiarezza che il ciclo pittorico della Condanna venne eseguito tra la primavera del 1614 ed il 1616, con qualche appendice per ritocchi e completamenti nella prima metà del 1617. Non è pertanto accettabile la datazione al 1611-12 sostenuta dal Manni e nemmeno quella, limitata al 1614, pubblicata nella mia guida del Sacro Monte. Gli affreschi del Morazzone - Il disegno preparatorio - La grata lignea I restauri Nell’intervallo tra i dipinti dell’Ecce Homo, conchiusi nella loro parte essenziale nel 1613, e l’inizio di quelli della Condanna (1614), il Morazzone, pur accettando ed assolvendo nuovi, importanti impegni, doveva anche aver cercato di tener fede in qualche modo al contratto stipulato a Varallo per il suo terzo ciclo di affreschi, almeno ideando mentalmente la composizione generale della nuova impresa. Inoltre gli ordini vescovili del 1612 e del 1614 devono aver dato precise disposizioni a cui attenersi. Ed infatti una certa distanza temporale, una certa evoluzione può osservarsi nella nuova cappella rispetto a quella dell’Ecce Homo. È per altro assai diverso il contesto ed il pittore lo sviluppa in modo autonomo. Manca qui innanzi tutto l’apparato architettonico vero della grande loggia di fondo e la distribuzione della scena su due piani. Mentre nell’Ecce Homo i fabbricati imponenti e complessi, che circondano il cortile d’onore, incombono su di esso con le strutture murarie poderose e rossicce per i mattoni a vista, le logge e le balaustrate, qui nella Condanna il Morazzone concepisce un fondale architettonico con elementi più agili, più ariosi e scattanti nel ritmo delle arcate a tutto sesto per dilatare la spazialità dell’aula, mentre spalanca la volta con un ampio semicerchio in un cielo vastissimo, terso e luminoso, pieno di respiro. Si pone cosi quest’apertura quasi come un prototipo, un punto di partenza, per le successive architetture auree nei cieli del Tanzio. Entro ed attorno questa intelaiatura architettonica si sviluppa e ribolle l’onda umana travolta dalle passioni. Anche qui statue del d’Enrico e figure affrescate si fondono in un’unica, tumultuante massa scatenata, moltiplicando l’effetto di una folla innumerevole. Sulla parete di fondo in particolare la turba dei giudei porta il dramma all’esasperazione esibendo la croce, le scale ed altri strumenti della passione, ossia l’arma Christi, non però raffigurati, o quasi elencati singolarmente, ognuno a sé stante, come di consueto, ma presentati con maggior eloquenza nel loro contesto più logico ed immediato, nella loro più vera e crudele funzione nelle mani agitate dei persecutori. Più pacato il clima sulla parete di destra con personaggi 436 Cappella - 35