ticolarmente il portico del cortile di Palazzo Marino (ora Municipio) a Milano
e quello distrutto di villa Sauli a Genova.
Tale schema di facciata troverà larga fortuna in chiese ed oratori della Valsesia, ad incominciare dalla cappella di Cesare Maggi lungo la salita del Sacro
Monte e nel pronao di quella della Trasfigurazione.
Conchiusa da poco la costruzione della parte architettonica, Giacomo d’Adda nel suo testamento del 7 marzo 1567 dispose che la cappella venisse fatta
completare dai suoi eredi, ed in secondo testamento del 26 dicembre 1571 ripetè le stesse disposizioni.
L’anno successivo, nel memoriale del 12 novembre 1572, vennero elencate
le opere da compiersi nella cappella, ossia: fare la pavimentazione, aggiustare la
lanterna, chiudere le finestre originariamente aperte secondo il progetto dell’Alessi “et serrare la porta per potervi lavorare in fare le figure di rilievo per il M(aestro) che ha da venire da Milano et poi pensare di trovare un pittore ecc(ellentiss)
imo per pingere tutta detta cappella”.
Purtroppo rimase ignoto il nome dello scultore milanese. Le opere dovettero venire eseguite con una certa sollecitudine; infatti le finestre scomparvero e
sotto il portico venne chiusa la porta centrale riducendola a finestra e si aprirono le due finestrine laterali. È certo anche che lo scultore ben presto eseguì la
sua opera seguendo il disegno contenuto nel “Libro dei Misteri”. Infatti in un
elenco di casa d’Adda che il Galloni data verso il 1574, la cappella è già descritta
con “Adamo ed Eva, l’arbore et serpente di rilieuo con il Dio Padre che par che
dica: Adam ubi es?”. Nove anni dopo la guida edita nel 1583 riferisce l’identica
situazione con espressioni non molto diverse.
Ma proprio nello stesso anno 1583, con un contratto del 26 aprile si provvedeva finalmente alla decorazione incaricando i fratelli Vincenzo e Gerolamo De
Mangone, detti de’ Moietti da Caravaggio di ornare di stucchi e oro sia l’interno che l’atrio e di dipingere nella cupola le gerarchie dei cori celesti. Ma l’opera
rimase incompiuta per la morte di Vincenzo.
Si può comunque ritenere che le raffinate decorazioni in stucco di gusto lombardo tardo Cinquecento sulla volta del portico e quelle interne costituite da
fasce e cornici ornate di fregi ad intervallare gli spazi per gli affreschi, siano stati
eseguiti dai due fratelli De Mangone o Mangone.
Ma le statue di Adamo ed Eva modellate tra il 1572 ed il 73 dall’ignoto scultore milanese, forse un artista di non grande livello, non dovevano aver ottenuto
grande successo perché Giovanni Antonio d’Adda, figlio di Giacomo, divenuto
nel 1589 fabbricere del Sacro Monte, in un suo manoscritto propose di correg21