Egitto, la Strage venne ubicata tra quest’ultima ed il Battesimo, ristabilendo cosi
anche la successione secondo la narrazione evangelica.
Ma quando Carlo Emanuele I venne al Sacro Monte?
Nella “Descrittione” edita dai Ravelli nei 1589, riferendosi alla cappella della
Strage è scritto esplicitamente: “Questa si fa con l’elemosina, lasciate dall’Altezza di Savoia, che in poco tempo ha visitato due volte questo S. Luogo, una volta
convalescente d’una gran infermità, puoco inanci che pigliasse moglie, & poi
un’altra volta vi andò con la Serenissima Infante sua molie, che parimente fece
abondante elemosina al detto Sacro Monte”.
Molto più tardi, nel 1671 il Fassola si dilungherà a magnificare soprattutto
la seconda visita di Carlo Emanuele I nella quaresima del 1587 “con l’Infante
Catterina d’Austria figlia di Filippo Secondo sua Consorte...” e conchiuderà
affermando che “ne mancava di ricordarsi spesso del Sacro Monte, essendovi
stato anche un’altra volta prima convalescente, dal che più, e più volte ancora
incognito dopo si portasse alla divozione “.
Dunque, tanto la guida del Ravelli che il Fassola parlano di una prima visita
avvenuta dopo una grave malattia, quando il duca non era ancora sposato; ma nessuno studioso del Sacro Monte ha finora preso in considerazione questo fatto.
Si sa dagli storici e dai biografi di Cario Emanuele che nell’agosto del 1583
essendosi egli recato a Vercelli a visitare il duca della Joyeuse, cognato della regina di Francia, si ammalò gravemente, “con strani e mortali accidenti, che si vide
più volte restar senza sentimenti, come morto”. S’ammalarono pure il cugino
Carlo di Nemours ed il fratellastro don Amedeo di Savoia: si trattò di gravissima febbre terzana o anche intestinale.
Il duca era ospite nel palazzo del conte Salomone di Serravalle, nell’attuale
via Camillo Leone, e guarì miracolosamente dopo che S. Carlo era accorso il 4
settembre al suo capezzale.
Una minuta descrizione della malattia venne fatta dal Possevino, familiare
e biografo del Borromeo. Pare ovvio che sia questa dunque la malattia a cui si
riferiscono la guida del 1589 ed il Fassola.
È poi ben noto che il grande e santo arcivescovo di Milano dimostrò sempre
una particolare predilezione per i duchi sabaudi recandosi anche spesso nei loro
stati e venendo sempre accolto con dimostrazioni di profondo e filiale ossequio.
Così era già avvenuto quando nell’ottobre del 1578, essendo ancora vivo Emanuele Filiberto, aveva compiuto il suo primo, celebre pellegrinaggio a Torino
per venerare la S. Sindone, conchiudendolo poi con una delle sue devote visite
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Cappella - 11