La pizza di Da Michele in the world è la classica pizza in stile“ ruota di carro” che si trova nel locale storico di Forcella.
che parte dalla farina è più facilmente standardizzabile: voi che tecnica esportate? « Noi ci avvaliamo del nostro manuale operativo che è uguale in tutto il mondo. Va da sé che le condizioni non lo sono affatto: per esempio le condizioni climatiche, la qualità dell’ acqua non sono le stesse che trovi in Italia ed è proprio qui che intervengono i nostri tecnici che vanno in loco prima dell’ apertura a perfezionare la ricetta dell’ impasto in base a quelle che sono le caratteristiche del Paese in cui ci si trova. Mi viene in mente un esempio: in Arabia Saudita per legge non si può usare il lievito di birra e siamo stati“ costretti” ad usare il bicarbonato che, ovviamente, da una spinta minore. I nostri tecnici hanno modificato la tecnica d’ impasto utilizzando tempi di maturazione maggiori( 48 ore invece che 24) e posso assicurare che a Riad ho mangiato una pizza che non aveva nulla da invidiare a quella di Forcella ».
Come avete strutturato invece l’ impresa? C’ è una holding con delle filiali oppure si tratta di franchising? « Diciamo che L’ Antica Pizzeria Da Michele in the world è la holding, ma il sistema è misto perché in Campania utilizziamo una gestione diretta delle pizzerie e, al di fuori della Campania, utilizziamo il franchising anche se, in alcuni casi, abbiamo una quota nelle varie imprese, insomma, il sistema è un po’ ibrido ».
Le vostre pizze nel mondo sono rigidamente italiane o seguite i gusti locali e, per esempio, negli Usa fate la pizza con l’ ananas? « Noi spingiamo quelli che sono i nostri gusti tradizionali, ma ovviamente ci dobbiamo anche adattare a quelle che sono le esigenze del luogo. Mi spiego meglio: se a Londra facessi solo pizza Margherita e Marinara chiuderei dopo sei mesi, perché venderei la pizza solo agli italiani che stanno a Londra. La marinara gli inglesi non la conoscono e non la vogliono. Amano sapori più forti. La pizza che va di più a Londra è la“ truffles and mushrooms” condita con funghi e olio al tartufo. Per me è immangiabile, ma a loro piace, così come amano la pizza con la salsiccia e i gusti piccanti. Per quel che riguarda gli Usa posso raccontare che quando aprimmo la prima pizzeria in California, a Los Angeles, il mio partner mi propose di mettere in menu almeno una pizza con l’ uovo. Io storsi il naso, ma – in effetti – loro mangiano le uova a colazione, nei brunch, e siccome il locale è aperto anche a colazione e a pranzo, ci provammo e ancora oggi, dopo sei anni, quella con l’ uovo è la pizza più venduta; altro esempio a Dubai e in Arabia Saudita la“ salsiccia e friarielli” è fatta con salsiccia di agnello perché il maiale non lo possono mangiare. Quindi è chiaro che su alcuni aspetti devi necessariamente essere flessibile, senza snaturare eccessivamente la tua identità ».
E con i prezzi come vi regolate? Quale politica adottate? Consigliate il prezzo o lasciate che sia il mercato a farlo? « Abbiamo una politica che consiglia il prezzo perché Da Michele nasce e vorremmo che rimanesse una pizzeria popolare. Ovviamente la pizzeria di Napoli ha una formula che lo consente, altrove abbiamo delle pizzerie-ristorante che hanno concept diversi. Anche il costo della materia prima non è lo stesso. Sempre per fare un esempio, in Giappone il fior di latte, una volta sdoganato, costa 4 volte più di quello che lo paghiamo in Italia. Quindi i prezzi sono popolari, nel senso che devono restare accessibili, ma quello che applichiamo a Forcella non lo possiamo fare altrove ».
Per le materie prime, invece? Avete dei fornitori oppure le producete in proprio come fanno alcuni? « Noi abbiamo fornitori che sono storici: abbiamo un rapporto secolare con il caseificio che ci produce il fiordilatte o il molino che ci fornisce la farina, però con l’ espandersi della rete, non nascondo che stiamo valutando di passare a monte della filiera e di diventare produttori ».
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