stargli attenzione.
Percorse la distanza dei trecento metri che lo separavano
dall’auto con il cuore in gola.
Quando Von Haeften lo vide arrivare scese e gli aprì a portiera. Mentre il colonnello entrava e si metteva a sedere i
due si scambiarono un fugace sguardo di assenso misto ad
apprensione. Poi, senza dire una parola, l’attendente si mise
alla guida e l’auto decapottata partì in velocità verso l’uscita
del campo.
Dobbiamo uscire prima che esploda la bomba! ripeteva dentro di sé Von Stauffenberg.
Arrivarono in m eno di un minuto al posto di blocco. Von
Stauffenberg notò che il sottufficiale delle SS in comando era
lo stesso di quanto erano entrati, ma non furono considerati
minimamente: il sergente era intento a discutere con il conducente di una Mercedes-Benz V170 berlina ferma dall’altra
parte della sbarra.
Il colonnello non riusciva a sentire cosa stessero dicendo,
vide però il sottufficiale delle SS che con aria contrariata faceva cenno all’altra vettura di proseguire. Poi il sergente si
diresse verso di loro.
Quando la Mercedes-Benz incrociò Von Stauffenberg, questi
d’istinto abbassò il capo e si ravviò i capelli per schermarsi
il volto e non farsi riconoscere. Von Haeften intanto prese a
parlare concitato con il sottufficiale delle SS e sembrava sul
punto di far scoppiare una lite.
Un ridda di pensieri attraversò la mente del colonnello in
quel momento: il timore di essere scoperti, la paura del fallimento, il terrore di non essere stato all’altezza del compito
assegnatogli.
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