to ad assoldare un primitivo Pigman come guardia del corpo
e questi, dopo aver avidamente mangiato la carne di mostro
che gli avevo offerto, è stato in qualche modo infettato trasformandosi in un maiale mannaro (!) assetato di sangue,
portando lo scompiglio nel pacifico villaggio dei Pigmen.
Così come mi è stata raccontata la storia di quando ci si è riusciti a salvare dal freddo scoprendo che si possono tosare
i bufali mentre dormono e usare il prezioso pelo per fabbricare vestiti.
Ogni mondo casualmente generato è fitto di rovine, paludi,
aree selvagge, dungeon e oggetti misteriosi, permettendo al
giocatore di vivere ogni genere di avventura, e seppure non
immediatamente evidente una “fine” in Don’t Starve c’è, ma
lascio a voi il piacere di scoprirla.
A rendere gradevole il tutto contibuisce il fantastico stile
grafico del gioco, alla Tim Burton, che rende Don’t Starve
un piacere da guardare. Inoltre moltissimi dettagli del gioco
fanno trasparire un velo di ironia e scherzosità che stempera la tensione.
Certo è che questo non è un gioco per tutti, la sua natura senza compromessi e la tensione costante sono qualcosa che si
può apprezzare solo con lo giusto stato mentale e a piccole
dosi.
Un po’ debole anche la fase iniziale di ogni partita nella quale raccogliere le risorse può alla lunga diventare un esercizio tedioso.
Devo aggiungere in questa recensione, in differita rispetto
all’uscita del gioco, che gli sviluppatori di Klei Entertainment
hanno seguito con Don’t Starve una politica ammirevole, rilasciando costantemente nuovi contenuti e aggiornamenti
75