L’arena dei Plusgene
di Polly Russel
Vedo almeno sei paia di piedi, solo un paio femminili. Le orrende scarpette cremisi che li avvolgono non passano inosservate.
Trattengo il respiro e mi sposto da un lato della feritoia nella
parete. La luce gialla del lampione sembra puntata proprio
su di me e potrebbero vedermi.
Sono bloccato in questo schifo di scantinato da almeno dieci
minuti, senza che i proprietari dei dodici piedi accennino ad
alzarli per andarsene.
Fa caldo e ho sete, che posto stupido per materializzarsi.
Purtroppo era anche l’unico.
Li sento ridere e parlottare, il fulcro del discorso sono io. Io
e il modo bizzarro in cui mi hanno visto sparire dal ring.
Bizzarro per loro.
Mi stanno dando del vigliacco e forse hanno ragione ma, non
ho nessuna intenzione di crepare per il loro sollazzo.
Genepiatti di merda!
Mi siedo a terra, lontano dallo spicchio di luce gettato sul
pavimento lercio. Devo rompere il collare che mi imprigiona
ma c’è davvero poco da fare, sono anni che ci provo.
Non c’è serratura, né chiusure di alcun genere, me lo hanno
saldato al collo tre anni fa.
Tre anni di prigionia.
Ma come hanno fatto dei semplici sapiens a fregarci tutti?
Dovrei andarmene ma da qui non posso vedere alcun punto di arrivo, collare di merda! Riuscissi ad aprirlo sarei già
sdraiato al sole in qualche isola tropicale.
Invece devo sperare che il gruppetto qui davanti si sposti.
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