sca.
Ancora ad oggi non sono sicuro di come o esattamente cosa
sia accaduto in quel locale quel fine settimana che mi ha cambiato la vita. Ma una cosa ho imparato senza ombra di dubbio: abbiamo di fronte a noi infiniti futuri possibili, e l’errore
più grande che possiamo commettere sta nell’arroganza di
pensare che il solo percepirli basti a farli accadere, persi nelle infinite possibilità perdiamo di vista il presente, che invece li raccoglie tutti e dal quale dobbiamo partire per andare
avanti.
Ed eccomi di nuovo qui, al tavolo di questo ristorante, con
un accenno di sorriso sul mio volto.
Alle mie spalle sono sedute due coppie adiacenti al muro,
entrambi gli uomini spalle alla porta. Quello più lontano
ride rumorosamente. Un tavolo per quattro libero li segue, e
di fianco un’altra coppia è seduta ad angolo, lei mangia pasta, lui una pizza. Di fianco a noi tre donne, due bionde e
una asiatica, parlano in brasiliano di un colloquio di lavoro,
aspettando il caffè che hanno appena ordinato. Alle spalle di
Silvia, il pizzaiolo parla in napoletano con quello che sembra
il proprietario, mentre alla cassa il suo assistente si sistema
la camicia. Sta iniziando a perdere i capelli, e lo spazio tra un
dente e l’altro è particolarmente pronunciato. Una cameriera con un occhio nero sta portando le nostre due pizze.
- Se non ti interessa quello che ti racconto la smetto, va bene?
Il sorriso sul mio volto si schiude.
- Continua, mi interessa eccome.
Non mi interessa chi abbia potuto picchiare la cameriera, né
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