soggiogando i popoli. Ma, ogni anno, viveva il dolore acuto del
sogno e della delusione. L’umanità finiva sotto il suo tallone ma
tante stragi apparivano inutili. Gli anni passarono, la cerimonia
si ripeté ancora, e ancora. E ancora. E così il sogno. Giunse ai
cancelli ultimi del creato e non poteva più allargare lo spazio.
Il re, ormai, era vecchio. Dovettero sostenerlo per le braccia,
perché si sedesse sul suo trono d’oro. Guardò la folla delle donne nella grande sala di alabastro e esse cominciarono a salire lo
scalone di ametista sfavillante. Erano tutte magnifiche, superbe.
Ma apparivano a disagio. In fondo, tra le colonne, accanto alla
grande porta d’argento e rubini, vide lo scintillante motivo del
loro disappunto. Era là! Finalmente! Aveva fatto bene ad aspettare tutti questi anni. La donna del sogno era nell’imponente
sala delle udienze e la luce purissima della sua maestosa avvenenza rendeva inutile la presenza delle altre. Il re congedò tutti
e rimase solo con lei.
- Ti ho sognato per anni, per tanti anni. Ho sperato d’incontrarti
ad ogni cerimonia. Ma mi sei sempre sfuggita.
- Eppure, solo ora capisco che non era possibile che quest’incontro avvenisse prima: non avevo un mondo da regalarti. -
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