SB Storie Bizzarre SB N5 | Page 37

Le rovine di Alessandria di Eleonora Pescarolo L a prima volta che misi piede nella biblioteca, ebbi l’impressione di essere entrato nella contorta mente di Dio. Gli scaffali si ergevano come titani dormienti e, mi sento in dovere di aggiungerlo, infiniti, poiché all’infinito si estendevano, scomparendo oltre l’angolo composto da un’altra infinita fila di scaffali. Non avevo avuto modo di misurare quale fosse la grandezza dell’edificio dall’esterno ma, trovandosi nel cuore di New York, supposi non dovesse essere molto grande e mi convinsi che quell’immensa ampiezza altro non fosse che un abile gioco di specchi. Ogni volta che l’impressione dell’immensità della biblioteca mi provocava la vertigine, chiudevo gli occhi e ringraziavo il cielo per il fatto che io, in quanto semplice custode, non mi sarei mai dovuto inoltrare in quella fitta giungla di carta e legno di faggio. Non potevo vedere all’esterno, ma sapevo che era notte. La sala antistante la biblioteca era buia e vuota; la luce fredda di una lampada era l’unica compagna, sul banco dietro il quale mi trovavo seduto da chissà quante ore. Avevo perso il conto. Forse ne erano passate troppo poche. Posai le mani su quel banco di legno robusto e laccato, pieno di segni e macchie d’inchiostro; mi chiesi da quanti anni, o decenni, un bibliotecario si sedeva al mio stesso posto ogni giorno, compilando i registri alla vecchia maniera. C’era un vecchio computer, certo, dalla parte opposta alla lampada, ma non sembrava essere stato usato molto negli anni. O forse era solo una mia impressione. Il tempo trascorreva anche fin troppo lentamente e, per ingannarlo, decisi di guardarmi attorno. Fu così che scoprii, sotto la 37