Gli rivolsi uno sguardo a metà fra il perplesso e sorpreso.
Non riuscivo a capire che cosa stesse dicendo, né perché lo
stesse dicendo. Ma c’era una cosa che mi aveva colpito nelle
sue parole.
- Come fa a sapere che ho definito la biblioteca come “la mente di Dio”? Non mi pare di averl... -
- Lasciami finire, ragazzo. - mi rimproverò, sottolineando le
sue parole con un gesto della mano - E molte cose ti saranno
più chiare. Il libro che stai cercando, Le Rovine di Alessandria, non dovrebbe esistere perché ci siamo dentro. Tuttavia, essendo ambientato proprio nella mia biblioteca, sarebbe paradossale non ci fosse in mezzo a tutti questi libri. Fino
a questo punto, sembrava essere tutto normale. L’inconveniente è quella sensazione di déjà vu che ti ha spinto a cercarlo. Tu non dovresti averne memoria, se vogliamo essere
fedeli alla storia originale che è stata scritta, e non saresti
dovuto entrare qui a cercarlo. Per questo sei rimasto intrappolato qui. Sei entrato in una parte della storia in cui non dovevi entrare e ti sei perso, creando un paradosso. E io sono
venuto a risolvere il paradosso. Lo ascoltavo. Sul serio, lo stavo ascoltando, ma ugualmente
non riuscivo a comprendere le sue parole. - Che cosa sta dicendo, signore? - gli chiesi, con gli occhi sbarrati - Non siamo
in mezzo ad una storia, questa è la realtà! -
Lui sospirò. - Ammetto di averti tempestato di troppe informazioni tutte in una volta. Ti chiedo perdono, più invecchio
più divento logorroico. Procediamo con ordine: prova a pensare a cosa hai fatto prima di mettere piede nella Biblioteca.
Prima di cominciare il suo turno di lavoro, insomma. - Ma che razza di domanda è questa? -
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