sulle spalle, come a consolare un coscritto che vada ad
unirsi alle trincee di prima linea. Tac! Tac! Tac! Le chiavi
fanno un fracasso d’inferno, mentre le mani screpolate dal
gelo non smettono di tremare.
- Stai invecchiando, Tom. E’ troppo. Troppo, per un vecchio
La porta si richiude con un tonfo alle sue spalle, fino a lì
nulla di strano. Ma a quel suono risponde un’eco lontana,
altri rumori sordi prima solitari e remoti, poi via via più
frequenti. Tamburi di guerra, accompagnati da marce
solenni di flauti, il cui suono non può che giungere da
un’altra dimensione; musica che macina i chilometri,
dai meandri oscuri delle librerie allo schermo piatto
dell’ultimo modello di televisore, regalo che ha fatto a se
stesso in occasione del quarto anniversario di solitudine.
- Solitudine. Ecco cosa mi fa impazzire e mi uccide ogni
giorno. Ora basta, svegliati Tom, svegliati! Questo non può...
La musica sembra strisciare sotto il tappeto, presenza
ormai tangibile che si attacca come residui di plastica
bruciata sulle scansie impolverate del mobile-bar.
- Ci risiamo, arrivano. Mantieni la calma, ragazzo. Stà
buono, e passerà. -
Il primo a sbucare fuori dall’intercapedine, tra un
soprammobile a forma di putto e la Gerusalemme Liberata
di Tasso, è un minuscolo cavaliere, con tanto di armatura
e cimiero. I movimenti dell’esserino sono circospetti, si
ferma di continuo guardando in alto, come se si aspettasse
un attacco aereo. Si lascia cadere dal braccio marmoreo
dell’angioletto e, atterrato sulla superficie di legno della
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