- Proverò ad avvicinarmi furtivamente. - sussurrò il Falco Ma al mio segnale falli scatenare l’ira di Guerra in terra. -
Un rumore di tamburi tribali lo fece scattare, appiattendosi al suolo come un animale predatore. Al centro del villaggio qualcosa accadeva ma le strutture di capanne che
riempivano lo spazio tra le rampe gli impedivano di capire
cosa; scrollò dalla testa l’idea di controllare, aveva un lavoro da fare. Guardò in alto e vide sopra l’antenna, al centro
del sole nero, un cerchio di energia fluttuante. Il portale
era pronto. Iniziò a scalare la prima rampa con l’agilità di
un primate e, arrivato a metà strada dalla vetta, la vide. La
donna che aveva visto trasportare da quelle bestie era al
centro del villaggio, sdraiata e legata ad una strana macchina a forma di croce alla base dell’antenna, tutt’intorno
la tribù degli scimmioni, lo “staff” di Shadar, danzava con
cori e tamburi. Quindi era lei l’operatore, il sacrificio per
attivare il portale. Non aveva tempo per tornare indietro,
ringhiando ricominciò la salita. Un strano vento elettrico
iniziò a fischiare nelle sue orecchie mentre i corti capelli si
drizzavano in testa. Arrivato in cima la sua figura si stagliò
contro il varco dimensionale che iniziava ad aprirsi. Si trovava sul retro dell’immane razzo spaziale, vicino ai propulsori. Una bestia armata di fucile faceva la guardia all’ingresso e Kraban sgattaiolò alle sua spalle con una rapidità da
ghepardo, sgozzandolo con la daga con un unico fluido movimento. Il portello laterale del razzo era chiuso e lui, come
gli aveva indicato il computer, agganciò un cavo estratto
dallo schermo-bracciale al pannello di apertura. Dopo qualche secondo questo si sbloccò e finalmente entrò. Attraversando di corsa tutti gli scomparti carichi di meraviglie
tecnologiche bestemmiò Pestilenza per non avere tempo
di rovistare in quell’immane tesoro. Raggiunta la sala di
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